Se fosse per i vecchi il mondo
non cambierebbe mai. Non ci si chiederebbe il perché e il
percome, si starebbe sempre allo stesso posto, magari la testa
china, certi della protezione che dall’alto è assicurata. E
così
Ginepro, il patriarca della comunità dei topi dai piedi bianchi,
vive nell’ossequio delle regole fissate dal Signor Ocax,
il gufo che regna e vigila sulla Foresta Scura. Dalla Casa
Grigia abbandonata dal contadino, un orto un frutteto un campo,
tutto lì, i topi non possono sconfinare senza il permesso di
quell’autorità suprema. E non si pensi all’ eccezione,
costerebbe la vita. Si veda cosa succede, qui nel racconto, a quella testa calda
di Mirtillo, per l’arroganza di pensare in proprio
mettendo in dubbio la bontà delle intenzioni del Signor Ocax,
finisce in cena Mirtillo, cena supplementare: una notte ingorda
per il gufo. E Primula, la figlia di Ginepro, quella sventatella,
che l’ha seguito alla Collina Focaccia per ballare, sfugge non
si sa per quale miracolo al medesimo destino.
Primula resta. Senza Mirtillo.
Sulla coscienza, il divieto del gufo ai topi di migrare alla Casa
Nuova, là dove
troverebbero cibo per tutti, garantita la sopravvivenza, restando
uniti. Colpa mia, pensa la topolina, il signor Ocax m’ha
riconosciuta, s’indispettisce e s’infuria, si vuole vendicare.
Ma Mirtillo, cadendo, le ha
lasciato il testimone. Le ha instillato il gusto di pensare, di
guardare dove non dice il signor Ocax. Il signor Ocax è un
“protettore”, difende i topi dai piedi bianchi dalle mire
fameliche dei porcospini assassini, i topi non conoscono la loro
crudeltà, perché il gufo vigila così efficacemente da averli
risparmiati a quell’incontro, e i topi non li hanno visti mai.
Ma sono per davvero in questo modo i porcospini?
Il gufo dice pure di essere
il Signore della vastità di quelle terre, ma chi sono i sudditi
oltre ai topolini vessati? Primula non lo sa, come non lo
sa il suo babbo e tutta la comunità dei topi. In effetti vivono
isolati, confinati in quel fazzoletto obbligato dai limiti del
gufo, e sanno solo quello che afferma il signor Ocax, quella è la
verità. Davvero? pensa la topolina. A ben vedere c’è qualcosa
che non quadra. Per esempio, lei era lì presente quando il signor
Ocax terrorizzandola di sguardi diceva al suo papà che no, no, e
no, i topi non possono migrare. E la voce di quel rifiuto era di
collera ma anche di paura. Di cosa? Perché il signor Ocax si
preoccupa tanto che i topi dai piedi bianchi possano aver visto la
Casa Nuova? E ancora: chi o cosa c’è alla Casa Nuova che
imprime un brivido di piuma al signor Ocax? Piena di dubbi, ma
adesso certa che il signor Ocax la dia da bere, la topolina parte
alla ricerca della verità. La deve a suo padre, la deve al
suo popolo, la deve a Mirtillo e soprattutto a se stessa, per
dirsi di non essere di ostacolo alla sopravvivenza della
comunità.
Il viaggio di Primula ha la
stessa meta del viaggio del signor Ocax. Entrambi vanno alla Casa
Nuova, Primula con il suo proposito, il signor Ocax a controllare
la minaccia lì annidata. Il loro viaggio diventa un viaggio
parallelo, con deviazioni e scontri, la topolina sempre sul punto
di finire in pancia al gufo famelico e arrabbiato. Noi, dal canto
nostro, li vediamo entrambi. L’una e poi l’altro, e di nuovo l’una
e ancora l’altro, ad avvicendarsi in primo piano, in una
sequenza incalzante e drammatica. Proprio
come stare al cinema.
Primula con i suoi spaventi, i
suoi pensieri grigi che s’alternano a lampi di speranza, a
prevedere le mosse aggressive del signor Ocax, con pause di
meraviglia e di esaltazione: la natura opera i suoi miracoli di
colori, varietà di piante, fiori inebrianti, animali che saettano
in terra e cielo, e il cuore giovane della topolina esulta, per
poi riprendersi nella vigilanza (“L’unico topo vivo è quello
che sta in guardia” dice sempre la sua mamma).
Il signor Ocax vola nei cieli
della Foresta oscura, e ne sconfina un po’ disordinato, sempre
afflitto da quel pensiero fisso (chi s’è insediato alla Casa
Nuova?) che non dà più pace ai suoi giorni e alle sue notti,
distratto. E’ solo il ricordo del monito di mamma (“un gufo
all’erta è un gufo a pancia piena”), o anche un altro
pensiero che lo rode e lo fa volgere poi alla topolina?
Tante le sfaccettature del
racconto che chiama in causa accanto ai “duellanti” ( e
duello, dopo le schermaglie, ci sarà in finale fra il gufo e la
topolina) altri “tipi”, ad indicare vocazioni molto umane: il
patriarca topo, la moglie, Mirtillo, il cugino di Primula, la
massa dei topi, minacciosa come un individuo che ascoltando la
pancia non ragiona. Fra tutti i comprimari del dramma, che sfocia
in un dolce-amaro
lieto fine, sfiorando i toni della beffa, con variazioni
di genere grottesco, spicca Erethizon Dorsatum, il burbero
benefico, il porcospino. Colui che smantellerà, irriverente e
sarcastico, le bugie del gufo.
Il romanzo dà cadenza alle sue
vicende pensando agli uomini e facendo agire gli animali.
Sciorinate, lì davanti al lettore, le motivazioni del gufo e
della topolina rivelano la loro universalità. L’autore ricorre
alla coppia della preda e del predatore, pensando ai rapporti che
intercorrono fra gli uomini, non solo nelle vicende personali,
anche quelle rimarcate con sottigliezza e acume, ma soprattutto
alludendo alle connessioni con l’organizzazione della vita
civile, che richiamano il potere e la sua gestione, dandone una
rappresentazione, attraversata da più di una metafora che s’avvicina
di molto alla realtà.
Da moderno favolista Avi,
uno dei più importanti autori americani di libri per ragazzi,
fa scaturire dal romanzo la sua morale, che potrebbe essere
formulata così: l’ignoranza porta alla soggezione e alla
schiavitù, è solo la verità che rende liberi. Ma questa
pomposità del definire la istituiamo noi, per una di quelle
sintesi necessarie, che però tolgono poesia e ironia ad un
racconto in sé straordinario, ricco di pregi letterari, di
intenti civili e di piaceri di partecipazione emotiva alla
lettura. (r.p.)
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