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Robert Westall
Golfo
Mondadori (Superjunior), 1994, p.82, € 6,71
ISBN 88-04-39226-6






















 

L’altra guerra: Golfo di Robert Westall

“Per la mia amica Norma Pitfield, che odia tutte le guerre”. E’ così che Robert Westall, l’autore di Golfo, si fa avanti e, con questa chiara connotazione, apre il suo romanzo. Che è racconto di fantasia, ma attinge alla realtà della guerra, per diventare quasi un apologo di condanna della guerra, di tutte le guerre, e dei guasti che producono anche nella mentalità e nell’anima.

Pubblicato nel 1992 in Inghilterra, in Italia nel 1994 da Mondadori, il romanzo è chiaramente ispirato ai fatti d’ Iraq del 1991, oggi inevitabilmente di richiamo e di altra attualità.

Robert Westall presta voce a Tom, narratore e personaggio delle vicende del romanzo, ambientato in Inghilterra ai tempi dell’altra guerra, del primo intervento in Iraq, per raccontarci di una famiglia di affetti forti e sicuri, cui capita in sorte un secondo figlio, voluto e amatissimo, affetto da “un mistero di natura”. Prima nel sonno, poi nella realtà, Andy, detto Figgis, sviluppa gradualmente delle capacità telepatiche che lo “congiungono” con Latif, piccolo combattente dell’esercito di Saddam.

Schizofrenia, avrebbe detto un medico qualsiasi, ma non il dottor Rashid. Che su ciò che succedeva al ragazzino, con aria non proprio convinta e in fondo imbarazzata, azzardò l’ipotesi di una diagnosi poco ortodossa, del tutto estranea ai casi contemplati in medicina, appunto quel “mistero di natura” che faceva agire Andy come fosse un altro, al posto di un altro, unito all’altro.

Lo sviluppo dei “sintomi” fu graduale, come ci racconta Tom il fratello, cui è demandato dall’autore il compito.

Andy, fin da piccolo, aveva un qualità speciale di entrare in rapporto con il prossimo. Si “fissava” a prima vista. Si prendeva a cuore sorti di cui non conosceva altro che un volto, una fuggevole apparizione, magari una fotografia vista sul giornale, come nel caso di Bossa, piccola vittima della carestia in Etiopia,  il più clamoroso e il più vicino al cambiamento che lo portò così lontano dalla realtà da temerne la mancanza del ritorno.

Le “stranezze” di Andy sono note ai genitori solo negli aspetti diurni, nell’accentuazione di una sensibilità che si tramuta in comportamento isterico o di ritiro momentaneo dal mondo, mentre a Tom, il fratello narratore, sono familiari, nel loro drammatico e progressivo manifestarsi, nel teatro che Andy inscena ogni notte nella camera da letto che condivide con il fratello.

La metamorfosi di Andy va di pari passo con gli avvenimenti della guerra, scanditi dalla voracità della televisione; la guerra avanza laggiù in Iraq, la guerra incalza, e Andy di notte  in notte, di bombardamento in bombardamento, di perdita di commilitone in perdita di commilitone, sul campo di battaglia, in trincea, nell’accampamento, s’avvicina sempre più a Latif, il piccolo irakeno, quel bambino messo nella guerra, che patisce e agisce e crede in quella guerra. La personalità di Andy si sovrappone a quella di Latif, o meglio si integra con quella di Latif, per periodi sempre più protratti, tanto da far pensare che a un certo punto Andy non ci sarà più.

Il crescendo è drammatico non solo per le sorti di Andy ma anche per lo sconquasso che si produce in ciascuno dei membri della sua famiglia. L’affievolirsi della vitalità del padre, il ritiro dall’impegno sociale della madre, e soprattutto il rimorso del fratello, per aver occultato la scena della metamorfosi, intesa per un certo tempo come gioco, come divertimento, sono portati alla ribalta con fine penetrazione psicologica e grande capacità rappresentativa. Così come l’uscita finale. Non facile, viste le premesse e il delicato procedere sul terreno davvero accidentato di esplorazione di una mente eccentrica, con il rischio di mancare la misura. Che non è mai mancata, ed è portata a segno anche nell’elaborazione del messaggio destinato al lettore. 

L’autore non dimentica mai di essere all’opera per un risultato che ottemperi  al proprio statuto narrativo. Chi legge è intrigato dal fatto che accade, dalla scrittura che lo produce e lo incarna. L’intento pacifista e civile risulta connaturato al racconto e procede fino allo sbocco delle considerazioni finali. Di sollievo, per una recuperata normalità; di nostalgia, per una tensione ideale che si è allontanata.
(r.p.)
                                                      

   

 

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ALICE NEL PAESE DEI BAMBINI
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