Julia
Donaldson
I Giganti
e i Jones
Fagioli magici, bottoni come sassolini o briciole di pane,
disseminati di nascosto per ritrovare la via che porta a casa,
avviano questa lungimirante “fiaba” in territori inimmaginabili.
Fagioli magici, bottoni come
sassolini o briciole di pane, disseminati di nascosto per
ritrovare la via che porta a casa, avviano questa lungimirante
“fiaba” in territori inimmaginabili.
Uomini e giganti a distinguersi nelle rispettive differenze, a
ritrovarsi nelle rispettive affinità. Gli uni in balia degli
altri. Sopraffattori e sopraffatti. A parti distribuite. Fino a
che punto?
Erano solo in due a credere ai lilli gonti, nella
terra di Groil. Il vecchio Trog, che ne aveva fatte le spese,
quando gli avevano sottratto il suo Lolto, un peluche un
po’ sporchiccio che proprio lolto (= bianco) non era, e
Jumbelia, la figlia del poliziotto, che li immaginava con la
certezza forte del desiderio dei bambini. Gli altri giganti
erano discordi con il vecchio e la bambina, e d’accordo fra
loro: i lilli gonti non c’erano. Persino il fratello di
Jumbelia aveva abbandonato quelle fole. E tutti se lo dicevano
ma in una lingua strana, che per essere compresa dai lettori,
ricorre a un piccolo glossario, consultabile a piacimento
nel volume.
Intanto, in una casa fuori dalle fiabe, in un racconto di
bambini di tutti i giorni, succedevano le cose più comuni, del
genere litigi fra fratelli, dispetti di maschi, manie e coccole
di femmine. Questi erano i Jones: Stephen, il saputello,
Colette, la collezionista, Poppy, la piccolina, questi erano i
lilli gonti, ignari di fagioli magici e giganti..
Due mondi separati e lontani.
Finché...
Il fatto accadde nel giardino dei Jones, quando il mondo si
capovolse per i Jones. Un terremoto, un cataclisma, un vorticare
in pareti chiuse, da sotto in su e viceversa.
Jumbelia, la gigantessa bambina, ce l’aveva fatta. Grazie al
falo magico, da cui era nato in una notte il rontofalo,
era scesa nella terra dei lilli gonti, servendosi della
miracolosa pianta di fagioli e ora, sempre per quella via, era
di ritorno a casa, in possesso della sua collezione più bella.
Perché anche Jumbelia, come la piccola Jones, era una
collezionista.
Lì, nelle sue tasche rotolavano Stephen, Colette e Poppy,
assieme a una belante pecorella e al tosaerba nuovo, neanche
inaugurato, lanciando, da un pertugio della tasca, bottoni
da collezione, come orme di un possibile ritorno.
Da questo ratto dei Jones, s’apre il
capitolo che porta il romanzo nel luogo per eccellenza
dell’infanzia, la cameretta dei bambini. E, da lì sottratti, in
balìa della effettiva crudeltà di Trog, il fratello di Jumbelia.
E’ come se per Trab i lilli gonti fossero animali da
laboratorio. Esperimenti, sono quelli che compie il gigante
bambino. Magari, si diceva Trab, proviamo a mettere i lilli
gonti nelle acque del mare in tempesta di un lavandino,
osserviamo le loro reazioni di panico e l’orrore gridato nel
vortice dello scarico azionato. Inseriamoli in una macchinina a
comando, lanciandoli a tutta velocità, bloccandoli sull’orlo del
precipizio; chiudiamo in un barattolo il lillo gonto
assieme a una vespa assassina e a un ragno famelico...
Una galleria d’orrori, un sussulto del cuore continuo, una
richiesta di significato a tanta barbarie. Mentre così operava,
Trab, strigendo fra le mani la lilla gonta, pensava che
quello che stava facendo a lei l’avrebbe voluto fare a sua
sorella ma non lo poteva fare. La psicanalisi si affaccia a
interpretare il male. E in più, a insinuare il dubbio che il
mondo ingrandito dei giganti sia lì come specchio esagerato,
proprio per fare vedere meglio quello che succede anche nel
mondo dei lilli gonti (che poi saremmo noi =
piccole persone: vedi glossario).
I Jones, in un alternarsi appassionante della loro vicenda nel
mondo dei giganti, riescono a vivere, a tornare a casa, grazie
alla capacità di trovare punti di contatto con esseri così
diversi. Bambini fra bambini, seppure di altre proporzioni,
gettano un ponte di comunicazione formidabile che li salva.
Poppy, la piccolina dei Jones, che a mala pena parlava la sua
lingua, ha imparato nella prigionia il groil, la lingua
dei giganti. Ed è attraverso di essa, che nani e giganti alla
fine s’intendono.
Difficile classificare il genere di libro che leggiamo,
sottratto per molti versi alla categoria “libri per bambini”,
anche se i bambini si divertiranno un mondo a leggerlo, proprio
perché il romanzo (parlando dei giganti) va a incontrarli nei
ripostigli più taciuti, nelle fantasie sfrenate, nel gioco a
tutti i costi, che poi è il gioco più crudele. Piuttosto,
potremmo definirlo un libro sui bambini, su un aspetto del loro
mondo, inquietante e poco indagato, questo interessantissimo
romanzo, che intreccia il lato in ombra dell’infanzia all’altro,
in luce, di felicità chiara di tendere alla vita.
Da riguardare, in autonomia, le tavole a colori di Michel
Fuzellier.
Julia Donaldson, I Giganti e i
Jones, traduzione di Floriana Pagano, illustrazioni di
Michel Fuzellier, Einaudi Ragazzi (“Storie e rime”), 2007, p.178,
€ 10,00
Da: Libri in rassegna di Rosella Picech, Sfoglialibro/Biblioteche
oggi, aprile 2007. |