Di televisione
in Tornatras si potrebbe anche morire. Vedova, la madre di Colomba
s'attacca alla tv come fosse una bottiglia, e la beve a gran
sorsate tutti i giorni, in tutti i momenti della sua giornata
per dimenticare la morte del marito. Intossicata lei, rischia
di contagiare anche il suo bambino, Leo, il fratellino di Colomba.
La televisione che giganteggia nel romanzo è la televisione
che anche noi vediamo tutti i giorni, "ripresa" dall'occhio
dell'autrice e commentata da Colomba, con la sottolineatura
di quella stortura in più che in genere non è
colta dallo spettatore comune. Televisione che fa politica,
crea consenso attraverso le sue mirabolanti promesse di denaro,
successo, felicità fasulla. Televisione che prende partito,
manipola le coscienze, s'avventa sul dolore per carpirne le
smorfie e sulla felicità per incrinarla nella sua scompostezza;
che arringa ed incita come se si fosse ancora ai tempi dei circhi
e delle arene. Televisione infingarda che promette la luna.
Questo un coté, uno solo, perché nel romanzo s'accende
ben altro proposito.
Un tempo, ci s'interrogava se fosse la vita a imitare l'arte
o viceversa. Oggi, in tempi più corrivi, il quesito potrebbe
spostarsi alla televisione. Quello che succede nel romanzo sembra
dare credito alla proposizione appena pronunciata. Per un lungo
percorso, "tornare indietro" (Torna atras : Tornatras),
riparare agli strappi del destino, rimangiarsi lacrime di dolore,
versare lacrime di felicità in presenza di ricongiungimenti
impossibili, ritrovare figli e ritrovare padri zii e nonni,
constatare che le leggi della genetica sono vere, e che da genitori
bianchi possono nascere figli neri e viceversa, sembra essere
prerogativa dell'onnipotente televisione, poi
Poi tutto
si capovolge. Come in un Hellzapoppin che ripropone in un vortice
nuovo fasti impensabili, complici la genetica, il destino, le
bizzarrie della Terra che si muove e si assesta, complice persino
l'innamoramento di una gatta per un galletto di pezza, succede
di tutto e di più. E la vita, con sorti mirabolanti che
offuscano quelle ostentate dalla televisione, sembra prendersi
una solenne rivincita.
La bambina di Bianca Pitzorno, in questo come negli altri romanzi,
è appassionata, leale, coraggiosa e schierata. Nei banchi
di scuola, come sulle scale di casa stare coi troiani o coi
greci fa differenza. E Colomba sta dalla parte del debole ma
è capace di apprezzare chi è forte, purché
sia giusto, tolleri il prossimo, meglio se intelligente e simpatico,
ancor meglio se frequentatore di libri. Tutti i personaggi,
sempre tanti, di varia natura e vario carattere, in molti casi
con somiglianze mutuate dalla realtà amata od odiata
dall'autrice, vivono in questo romanzo di vita sincera o bugiarda.
Se più sincera o bugiarda nella finzione o nella vita
reale, che pure in qualche modo conoscono, il malizioso interrogativo
che poniamo in chiusura.
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