APPUNTI DA UNA LETTURA INTENSIVA DI LIBRI PER RAGAZZI APPRODATI AL
CONCORSO PREMIO IL GIGANTE DELLE LANGHE 2015.
(Il Premio di Letteratura per l’infanzia Il gigante delle Langhe
- destinato a opere di autori di lingua italiana, articolato in
sezioni: narrativa/infanzia, narrativa/adolescenza, illustrazione e
fiabe scritte dai bambini delle scuole elementari dell’Alta Langa -
viene attribuito da un’ampia giuria di ragazzi, dislocata sul
territorio nazionale in scuole e biblioteche, previa la selezione
operata da una giuria tecnica di esperti.)
Mare
di zucchero
di Mario Desiati, Mondadori.
1991, Durazzo, "il porto è aperto", la Vlora assaltata e requisita.
In viaggio verso "Lamerica", un popolo di albanesi in fuga dalla
dittatura alla volta della terra promessa. Vecchi, uomini, donne,
bambini. Anche ragazzi, saliti fortunosamente a bordo della nave
quasi per scommessa, forse per gioco. Fra essi Erwin.
1991, Bari. È un approdo miracoloso. La Vlora stracarica ha
attraversato il canale d'Otranto con un motore in avaria. Abilità
del capitano o intervento di qualche santo, per esempio quel San
Teodoro su cui fantastica, assimilandolo alle storie di dei ed eroi
che frequentano la sua mente, Luca, coetaneo dell'albanese, da lui
così lontano eppure già così vicino?
Desiati ricorda l'epoca di quella “rivoluzione” del 1991,
“l'abbattimento del muro” che avvicinò vecchi e nuovi migranti
approdando non senza dolore a una nuova generazione di abitanti
delle coste pugliesi.
Così facendo l'autore mescola Storia e fantasie private, dando vita
a due personaggi in cerca di identità attraverso quell'atto di
ribellione che li allontana dalla famiglia e li rende vicini, loro,
estranei, per tradizioni, per lingua, migranti da una condizione
d'infanzia, verso altri approdi di avventura e di vita. Erwin
scappato dall'Albania, Luca uscito dal guscio che lo opprimeva.
Il romanzo è ripartito in tre capitoli. Erwin e Luca vivono su
palcoscenici separati, i loro caratteri filtrati dalla sensibilità
del poeta e realizzati dalla perizia dello scrittore, fino
all'incontro che li riunisce in una terra che non è ancora di
nessuno dei due. Un intermezzo poetico di una notte sola in cui si
sperimenta l'ebbrezza di una libertà che così piena e totale non
potrà essere mai.
Con rispetto di ciò che veramente è accaduto, attraverso una
scrittura sorvegliata e poetica, senza sovraccarico alcuno, i temi
della migrazione, del passaggio d'età, dell'amicizia, della paura
dello straniero ma anche della generosità di un popolo che alla fine
superando la diffidenza spalanca le braccia al diverso.
P.S. peccato quegli svarioni grammaticali ("gli" al posto di "li")
L’albero
delle storie
di Gabriele Clima, Piemme – Il Battello a vapore.
Il piccolo griot, narratore di fiabe del suo paese
raccontate ad alta voce sotto l’unico albero del cortile di cemento
in cui si affacciano i palazzoni di una periferia isolata, è
convincente fino al racconto della storia africana del guardiano del
lago.
È un percorso letteralmente prodigioso quello che lo ha condotto a
quella soglia, lo traduce sulla carta una scrittura creativa che ha
molta dimestichezza con immagini e metafore che sconfinano nella
poesia.
La realtà del piccolo narratore nero in un quartiere di bianchi,
anch’essi diseredati della terra anche se non sono neri, segue un
percorso che slitta di continuo in visioni dettagliate, suggestive e
cariche di nostalgia per un' Africa abbandonata e mai lontana,
perché insediata nella mente e nel cuore.
Le fiabe raccontate, che punteggiano la storia, s'inseriscono con
abilità e efficacia nel contesto narrativo, in uno scambio di
reciproca felice contaminazione.
La storia subisce però una brusca deviazione sul limitare di quella
soglia a cui facevamo cenno, abbandonando il punto di vista
attribuito (seppure in terza persona) al piccolo griot, spostandosi
sulla vicenda dell'amico del protagonista che sta perdendosi su una
brutta strada. Forse influenzato dall’imprevisto cambiamento di
rotta anche il racconto s’impenna in una strada in salita. E trovare
soluzioni convincenti da un punto di vista conclusivo diventa più
impervio.
Ci
sarà la luna
di Emanuela Nava, Salani.
Bambino malato in ospedale, il suo teatrino, l'angelo e il diavolo,
attori di strada che si materializzano al suo capezzale.
Anche in questo libro (come ne L’albero delle storie) una
piccola griota racconta le storie africane come le raccontava
sua nonna, storie che hanno il potere di alleviare i mali del corpo
e corroborare lo spirito. Un racconto che ribadisce il concetto
della lettura a voce alta come salvifica, lettura che avviene in
cerchio, alle volte magico, a celebrare il valore della condivisione
e dell’amicizia.
In
piedi nella neve di Nicoletta Bortolotti, Einaudi Ragazzi.
Kiev 1942. L'Ucraina, stretta dalla morsa sovietica e invasa
dall'orda nazista, vive l'orrore della guerra. Gli abitanti
strattonati ora da un invasore ora dall'altro si vedono costretti ad
abdicare a ogni barlume di umanità, mortificati dalla fame e
aggrappati a un miraggio di sopravvivenza. Tutto è stato loro tolto,
persino la passione del calcio. La gloriosa Dinamo Kiev ha smesso
campo e pallone.
È in questo contesto, rispettando passo passo questa pagina di
storia che l'autrice inserisce la sua storia.
Chiama per nome e cognome ogni giocatore e riallestisce la "famosa
partita della morte" che il 9 agosto di quell'anno rivendicò nel
boato finale la dignità della nazione, costando il sacrificio della
vita alla squadra che aveva giocato, entrata ormai nella leggenda.
Nel romanzo, la protagonista, una ragazzina, inserita a fare storia
della Storia, avrà quest' unica pagina di celebrazione.
Sasha condivide con il padre, mitico portiere della Dinamo, la
passione per il gioco del pallone. "ll calcio è la mia vita", lo
pronuncia lei, lo pensa lui. Sasha è una calciatrice.
Una ragazza calciatrice come un ragazzo ballerino (l'amico Maxsym),
come Ania, ebrea seppure per un quarto, sono ragazzi diversi. Sono
amici e complici.
Sono ragazzi cui tocca di vivere sotto le bombe della guerra come
nella diffidenza e nel sospetto, il nemico è evidente ma è anche
un'ombra sempre in agguato.
Nel personaggio dell'adolescente che si allena di nascosto, pena
l'esclusione dalla scuola e la condanna della mamma, l'autrice
infonde molte delle contraddizioni della crescita, portandole però a
un raro grado di consapevolezza, in una prosa suggestiva.
Un romanzo di formazione, che alterna lo stile asciutto e incalzante
della cronaca di una partita di pallone al più ampio respiro del
procedere di un classico. Una pagina di storia poco conosciuta che
apre allo sguardo del lettore tutto l'orrore della guerra attraverso
quella guerra. Poche censure a rappresentare la barbarie, la
bestialità dell'uomo, il sopruso di ogni elementare diritto. In
cronaca diretta o in meditata narrazione.
Magic Merenda Tour
di Guido Quarzo e Anna Vivarelli; Notes Edizioni.
Non si entra nella “fabbrica di cioccolato” impunemente. Dahl e
Rodari numi tutelari chiamati in causa voltano la faccia dall’altra
parte.
Caricaturale, per voler essere stigmatizzante nei confronti dei
consumi e della pubblicità. Messaggio esplicito (leggere
attentamente di quali ingredienti si compongono i prodotti, in
questo caso alimentari, per conservare la salute), sceneggiato a
tratti anche in modo divertente.
Ma come faceva il Piermario, il protagonista, descritto all’inizio
come indolente pigro e neanche tanto sveglio a mettere in piedi
quell’ambaradan di gigantesche proporzioni, di raggiri, fughe,
smascheramenti plateali?
Roby che sa volare
di Gabriele Clima, Coccole Books.
E’ lo stesso autore de L'albero delle storie. Stessa scrittura
creativa ricca di immagini e metafore che slitta dalla realtà alla
fantasticheria poetica. Ma il racconto è molto leggero, leggero come
il vento di cui fantastica il piccolo protagonista, tanto leggero da
rasentare quasi l’inconsistenza.
Le
parole giuste di Silvia Vecchini, Giunti.
La ragazzina dislessica, la famiglia (padre in dialisi poi in attesa
di trapianto di rene da donatore vivente, la madre), la scuola (il
gruppo di sostegno, formidabile l'insegnante), i compagni:
soprattutto femmine, superficiali ed offensive ma il ragazzino nerd,
non risparmiato neanche lui, le diventa più che amico.
Le parole che per il dislessico non sembrano mai giuste si trovano
giuste nelle canzoni e nelle poesie (riportate in buon numero sulle
pagine del libro) ma possono affiorare correttamente anche sulle
bocche più problematiche a pronunciarle e scivolare nella scrittura
se con impegno e determinazione si affrontano le difficoltà
personali, emotive e di apprendimento. Sensibilità e garbo conducono
con “le parole giuste” il racconto ad un approdo ben congegnato e
non così scontato.
Miss Mina
di Marco Innocenti, Edizioni Corsare.
In Angola, a una ragazzina viene amputata una gamba a causa di una
mina. E’ l'occasione per avviare un discorso sulle conseguenze
durevoli della guerra. Il racconto procede rimarcando con una certa
efficacia i sentimenti intuibili della ragazzina che vive con la
madre e il fratellino, il padre è morto in guerra.
La storia di una condanna definitiva alla menomazione trova una
svolta quando alla ragazzina si presenta la possibilità di una
protesi, partecipando a un concorso di bellezza per ragazze che
hanno subito un'amputazione. La trepidazione che precede la prova ha
ampio e riuscito risvolto nella narrazione. Ma non va come ci si
auspicava. Nuovi e importanti incontri però fanno intravedere alla
ragazzina un futuro possibile di accettazione di sé, anche senza una
vittoria al concorso.
Se nella prima parte del breve romanzo l'autore con abilità tocca le
varie questioni connesse con il set approntato (riprese anche sotto
forma di informazioni in appendice), poi scivola nella scorciatoia
di una mozione degli affetti. Promossa nei personaggi della storia
come in chi legge.
La
libraia
di Fulvia degli Innocenti, San Paolo Edizioni.
Luogo di riferimento in molti romanzi, la libreria (soprattutto se
indipendente) esercita il suo fascino letterario anche in questo. E’
piccola, accogliente come una casa, vi si acquistano ovviamente i
libri ma offre anche il caldo conforto di una parola appropriata
come di una tisana. La libraia, gentile e enigmatica, la gestisce
avvalendosi dell’aiuto di una ragazza. Lia si chiama la ragazza e,
attraverso un artificio narrativo, ha già avuto modo di
rappresentarci il suo passato difficile di bambina con una madre
inadeguata, affidata ad altre famiglie, seguita dall’assistenza
sociale, sempre irrequieta, sempre sull’orlo di un non ritorno. Il
lavoro presso la libreria le è stato prospettato come ultima
spiaggia.
Che i libri esercitino una loro azione salvifica sull’animo umano è
concetto che ha avuto molte sistemazioni. Trova posto anche in
questa.
Che una strada in salita si prospetti all’impresa non facile di una
rinascita, anche questo è intuibile.
Che lo scontro fra una ragazza ribelle e una donna matura sia
pressoché scontato, pure questo è acquisito. Anche se in questa
rappresentazione trova qualche intoppo a scivolare verso l’ovvietà.
Soprattutto per il comportamento della libraia, fermamente decisa a
non lasciarsi travolgere.
Che l’esempio e il modello contino, sicuramento c’entra. Ma quell’
Anche io ero come te, mi sono riscattata e ti passo il testimone
è costruito con una certa abilità.
Più convincente la seconda parte del romanzo, quella che mette in
gioco il rapporto della ragazza con la libraia, rispetto alla prima
che si risparmia alcune argomentazioni necessarie. Anche se tinte un
po’ calcate, rivelazioni sorprendenti, e sovrapposizione di storie
appesantiscono una più felice riuscita.
CLICK
di Luigi Ballerini, Edizioni EL.
Ballerini è medico e psicoanalista ed è padre di quattro ragazzi. La
professione come la condizione di genitore gli forniscono strumenti
importanti di osservazione e di analisi dell'animo umano, in
particolare di quei passaggi decisivi d'età che incidono sulla
formazione personale come avviene nell'adolescenza. Ricordiamo
diversi personaggi dei molti suoi libri pronti a rappresentare quel
periodo decisivo della vita. Anche in questo romanzo, accanto al
protagonista, molti comprimari coetanei.
Come sempre lo scavo del personaggio è sfaccettato nella psicologia,
con metodo che si potrebbe definire scientifico, e la
rappresentazione complessiva che se ne dà, caratterizzante il
linguaggio, le abitudini, i gusti, i saperi, lo configura come
effettivo adolescente dei nostri giorni.
In particolare, in questo romanzo, sono in gioco la malattia e le
risonanze che suscita nel soggetto adolescente, l'amicizia, il
bullismo, la devianza, il recupero attraverso l'attenta presenza di
un adulto "educante" (lui stesso, camuffato, l'autore?).
Ritmo e scrittura brillante facilitano la lettura, finalizzata a
soluzioni di ricomposizione e lieto fine.
Messaggio dall'
Impossibile
di Tommaso Percivale, Einaudi Ragazzi, 2015.
Realtà e finzione in competizione continua a sovrapporre e
intrecciare fatti e fantasie, stupire, esaltare, confondere.
Queste le basi su cui poggia il romanzo dando contesto alla storia
di un ragazzino fiducioso e idealista, in un'epoca rappresentata in
un suo anno cruciale, il 1961.
Siamo in piena contrapposizione dei blocchi, di conclamata guerra
fredda, di rincorsa delle due superpotenze USA e Urss alla
supremazia, anche nella conquista dello spazio, Gagarin ha compiuto
la sua clamorosa avventura, ma si vocifera anche di cosmonauti
perduti.
È l'epoca delle spie, dei doppi giochi senza esclusioni di colpi,
delle comunicazioni in codice, delle number stations. Internet e i
social sono di là da venire e i pirati radioamatori impazzano
nell'etere.
Buccia è un radioamatore.
Siamo a Torino nell'anno delle celebrazioni dell'Unità d'Italia con
l’esposizione di Italia 61.
Buccia ha quattordici anni, vive con il padre tassista, in un
rapporto di mutuo soccorso: la mamma è morta, lasciandoli soli.
Buccia ha un amico, colui che gli somiglia nella più intima fibra
[…]
[… ] Spy story, thriller, anche giallo, gli elementi nell’intreccio
ci sono tutti. Azione, molta azione. Ma anche pause. In quelle pause
s'affaccia ostinata, dal sotterraneo in cui è confinata,
l’inquietante domanda su ciò che è vero o falso, reale o immaginato.
E non solo applicata alla vicenda raccontata ma quasi come rovello
filosofico che, se applicato agli uomini, diventa doloroso.
Romanzo appassionante, costruito e scritto con talento, avvalendosi
di disciplina e più prerogative, questo di Percivale. La competenza
tecnica reale (Percivale è radioamatore), che conferisce credibilità
anche alle fantasie; la conoscenza della Storia, indagata nei suoi
segmenti, tanto da consentire sistemazione plausibile alle piccole
storie personali e collettive, che vi vengono inserite attraverso
l’immaginazione. […]
(recensione
completa e intervista all’autore)
La fine del
cerchio
di
Beatrice Masini, Fanucci.
[…] Nel suo laboratorio personale, Masini elabora teorie poetiche
fantasticando sul mondo che verrà. Nella desolazione della
catastrofe, nel dopo, alla ricerca della ricostruzione. Del
ripopolamento. Con bambini nuovi, importati da un altrove.
Se in precedenza, con
I bambini nel bosco,
immaginava piccoli evasi da campi di concentramento, ignari del loro
passato, delle radici di provenienza, inconsapevoli dell'esperimento
compiuto sulla loro tenera pelle, in questo nuovo romanzo,
utilizzando il passato, facendo tesoro della memoria, apre al
futuro.
La speranza che s’accende, pur sempre all’interno dell'esperimento,
sotto l’occhio vigile di un “grande fratello”, sarà sopravanzata
dalla sorpresa della meraviglia dell'amore che tutto genera e
ricrea.
La fine del cerchio
è ripartito in tre grandi capitoli. Lo schema del gruppo guidato da
un Vecchio, mentore e tutore fino al momento che precede l'autonomia
delle creature che gli sono state affidate, si ripete con le
varianti di ambiente e obiettivo stabilite dal computer e dal caso.
E' un luogo che ha conosciuto la dolcezza della vita nella pausa
della vacanza, è l’Africa, evocatrice della comparsa del primo uomo,
è la villa delle magnificenze del secolo dei Lumi: questi gli
scenari che accolgono bambini analfabeti della parola, della
scrittura, della vita, dell’amore, che tutto devono apprendere,
imparare per una rifondazione del mondo.
Di pari passo con la progressione dei racconti sembra progredire un
recupero di civiltà: dal primitivo balbettio di una nuova
alfabetizzazione alla ritrovata fratellanza con altri esseri
viventi, a una più piena maturazione.
A questo punto non servono più tutele. I bambini crescono e
incontrano altri bambini. Del posto? C’erano già? Come loro o
diversi da loro? Una mescolanza. Ricca di promesse, ricca di
futuro. Per il mondo nuovo che verrà.
Proiezioni, metafore, che puntano dalla distopia narrata a un “mondo
salvato dai ragazzini”.
(recensione
completa)
(di Rosella Picech, Alicenelpaesedeibambini.it, Settembre 2015)
(aggiornamenti progressivi)