La fabbrica di cioccolato, dal libro di Roald Dahl al film di Tim Burton.

Esce oggi (23 settembre 2005), nelle sale cinematografiche italiane, il film di Tim Burton (che non sappiamo com’è e andremo a vedere), tratto dal romanzo di Roald Dahl, pubblicato in Italia da Salani (che sappiamo com’è e rileggeremo con piacere).

Grande, indiscusso profanatore di luoghi comuni che riguardano l’infanzia, Dahl, l’autore del libro, è sempre dalla parte dei bambini. La cornice da Dickens, nella quale spesso sono collocati i suoi protagonisti bambini, esige che siano poveri, meglio se orfani, gracili e apparentemente disarmati. Charlie Bucket della “fabbrica di cioccolato”, è della compagnia.
La sistemazione iniziale di Charlie è delle più commoventi. Vive “in una casuccia di legno al margine di una grande città”, con quattro nonni vecchi vecchi piazzati nell’unico letto di famiglia, una madre di cui vien detto poco, un padre che tutto il santo giorno avvita tappi di dentifricio. Charlie è necessariamente parsimonioso: il rituale regalo di compleanno – l’arcinota tavoletta di cioccolata – riesce a farlo durare più di un mese. C’è di che piangere su tanta miseria, ma consoliamoci, la fortuna è dietro l’angolo. Si sa, in molti sanno, altri lo apprenderanno dal film, del riscatto sensazionale di Charlie: da stremato poverello a erede, consacrato da Mr. Wonka, della stupefacente fabbrica di cioccolato, sospirata meta di tutti i suoi famelici sogni.

Quelli indicati (della categoria di Charlie) sono i bambini “meravigliosi”. Ma Dahl ha in serbo, nel fondo della sua valigia di mago prestigiatore, un campionario, a guardar bene ridotto, di una specie infantile non molto gradevole, cui dà licenza di uscita proprio nella “fabbrica di cioccolato”.
Augustus Gloop, Veruca Salt, Violette Beauregard, Mike Teavee, più che bambini sembrano impersonare tipi umani, “fissati” nella rappresentazione di vizi molto comuni quanto disgustosi: l’ingordigia, l’avidità, l’arroganza, la supponenza, la teledipendenza. Sono grassi, grandi divoratori di dolciumi, prepotenti, insomma antipatici a tutto tondo. Ma una attenuante viene loro fornita. L’avanzano, cantando, gli Oompa-Loompa, i minuscoli operai della fabbrica di cioccolato:

“E’ certo sicuro che viziati
non si diventa se non si è aiutati.
Ma allora chi sono i responsabili
cui attribuire questi danni esecrabili?
Ebbene di certo l’avrete capito
son babbo e mamma che non mossero un dito
per questo a noi per nulla dispiace
spedire anche loro nella fornace”

Visto? Brutti sporchi cattivi sono solo gli adulti, e se ne salvano ben pochi. Fra questi ultimi, Mr Wonka.

Sappiamo che a impersonare nel film Mr.Wonka ( quell’omino straordinario, padrone della fabbrica di cioccolato, descritto nel libro con “un cappello a cilindro”, “un abito a marsina di uno stupendo velluto color prugna”, “pantaloni verde bottiglia”, “guanti grigio perla” che regge “un bastone da passeggio con un bellissimo pomello d’oro”) sarà il divo Johnny Depp. Saprà eguagliarlo? E (intendiamoci) non parliamo solo dell’abbigliamento.

N.B. Segnaliamo due edizioni del libro, quella stampata in occasione dell’uscita del film e quella “classica”, e più economica, di una delle molte ristampe nella collana “Gl’Istrici”. Entrambe godono delle illustrazioni di Quentin Blake, straordinario “pittore” delle vicende raccontate da Roald Dahl nei suoi romanzi.

Roald Dahl, La fabbrica di cioccolato (con Johnny Depp in copertina), Salani, 2005, p.208, € 12,00
Roald Dahl, La fabbrica di cioccolato, Salani (“Gl’Istrici”), 1994, p.208, € 8,00



ALICE NEL PAESE DEI BAMBINI
ideazione, titoli e testi di Rosella Picech
realizzazione grafica di Lena Chiodaroli

tutti i diritti riservati