Karen Levine
La
valigia di Hana
(Una storia vera)
Quando la
valigia di Hana arrivò a Tokio nel marzo del 2000
suscitò grande emozione nei bambini riuniti al museo per
guardarla.
Fumiko Ishioka, la giovane direttrice del Museo dell’Olocausto,
aveva visto giusto ...
Europa,
1939 – 1945. Uomini e donne, vecchi e bambini, sui binari, la
valigia per terra, in attesa del fatidico treno. Ebrei. I
documentari dell’epoca ce li consegnano così.
Quando
la valigia di Hana arrivò a Tokio nel marzo del 2000
suscitò grande emozione nei bambini riuniti al museo per
guardarla. Fumiko Ishioka, la giovane direttrice del Museo
dell’Olocausto, aveva visto giusto. I suoi sforzi cominciavano
a dare i frutti sperati. I bambini si interrogavano,
s’incuriosivano chini sulla scritta di vernice di una valigia
che veniva da Auschwitz, veniva da lontano, veniva dall'inferno
di un campo di sterminio. Il campo dove assieme a tanti altri
bambini, a tante donne, a tanti uomini, a tanti vecchi, era
stata uccisa Hana, una bambina come loro.
“Hana
Brady, nata il 16 maggio 1931. Waisenkind (che in
tedesco vuol dire orfana)”.Così sta scritto sulla sua
valigia. E solo questo sanno i bambini del Museo di Tokio. Che
vogliono saperne di più. E allora Fumiko, appassionata
educatrice, solennemente s’impegna: sapremo tutto su Hana.
Fumiko sa che i bambini apprendono se per primo a mobilitarsi è
il loro cuore. Fumiko sa che i bambini vogliono sapere tutto
degli altri bambini. E Fumiko vuole che i bambini sappiano di
Hana, di quella bambina, la sua storia. Perché è attraverso
quella storia, che ha solo un nome ma avrà anche un volto, che
i bambini di Tokio sapranno dell’Olocausto, ne avranno
memoria, sempre accesa, sempre vigile. Perché di mezzo c’è
una bambina come loro.
La
valigia di Hana è un libro particolare. Racconta la
storia vera di Hana, morta a tredici anni nel campo di sterminio
di Auschwitz. La sua storia è conosciuta per merito di
Fumiko che cocciutamente l’ha cercata, l’ha documentata,
l’ha trasmessa ai bambini. La sua storia è stata mandata in
giro per il mondo, grazie a Karen Levine, la giornalista
canadese che l’ha scritta e prima ancora ne ha fatto un
documentario radiofonico.
Il
libro di Hana è un libro importante. E’ un documento. Ha la
forza del documento. Riporta disegni infantili (firmati Hana
Brady), riporta fotografie: le sue, prima di tutto, a varie età,
in varie pose. E anche quelle del luogo dove visse, del suo
paese in Cecoslovacchia, della piazza di quel paese, del negozio
della sua famiglia, di suo papà, di sua mamma, di suo fratello, George, il sopravvissuto, inseguito e trovato da Fumiko,
attraverso il quale, dopo molto cercare, viaggiare, acquisire
indizi su Hana, si è saputa la storia di Hana.
Che
è la storia di una bambina bella e felice. E amata. E che
improvvisamente, si vede scansare dalle amiche, si vede
escludere dai giochi, dalle feste, dai negozi, si vede mandare
via da scuola, confinare,
si vede punire negli affetti, mortificare nella persona. Hana è
ebrea.
Il
libro è preceduto da una introduzione storica semplice ed
efficace, ed è impostato a sipari.
Ieri
(siamo con Ana, viviamo la sua storia con lei, la storia
ricostruita, attraverso i documenti e la testimonianza del
fratello). Oggi, siamo a Tokio nel museo di Fumiko e dei
suoi bambini; siamo con George, il fratello di Ana, Fumiko e i
suoi bambini. Ieri e oggi si alternano nel libro e squarciano
scenari di verità.
Da leggere. A casa, a scuola.
Hana Brady, che voleva fare l’insegnante, insegna.
(di Rosella Picech, Alicenelpaesedeibambini.it)
Karen
Levine, La valigia di Hana (Una storia vera), traduzione
di Roberta Garbarini, Fabbri, 2003, p.138, € 8,50
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