racconti e romanzi

VITE DI INFANZIA VIOLATA

... “Mi chiamo Lakshmi, ho 13 anni, vengo dal Nepal”. Lo scrive sul suo quaderno, la bambina intelligente, curiosa, desiderosa di sapere. Lo scrive in hindi e in inglese, in un paese straniero, avendo per maestro un bambino di otto anni, un bambino che vive nel bordello...

Ogni anno, circa cinquantamila bambine nepalesi vengono vendute e ridotte in schiavitù sessuale nei bordelli dell’India, in una catena di terribili commerci che ha come punto di partenza la famiglia.

Lakshmi è una di queste bambine. Lakshmi riassume in sé, nel personaggio del romanzo che ha per titolo Venduta, tutte le cinquantamila bambine delle statistiche e anche quelle che numerosissime non fanno numero perché sfuggono alle stime ufficiali. La storia di Lakshmi, raccontata dalla scrittrice giornalista americana Patricia McCormick, potrebbe essere la storia di ciascuna di esse.
McCormick, da giornalista, ha indagato i meccanismi spietati che presiedono al turpe commercio; da scrittrice, da donna, con perspicacia, umanità, arte, s’è fatta confidente e indagatrice di anime ferite, oltraggiate, e raccontandole le ha un po’ riscattate.
Per scrivere il suo libro, McCormick ha ripercorso le strade che dai paesi sperduti di montagna del Nepal, e dai suoi paesaggi dominati dall’Himalaya, portano al caos delle città dell’India.
 
Con lo stato d’animo dello straniero spaesato, colto alla sprovvista dai fatti anche più minuti che capitano in paesi, strade, città, lontanissimi dalla sua formazione, dalla sua cultura, che sono “stranieri” per l’appunto, McCormick, nel suo viaggio, s’avvicina al sentimento del disorientato montanaro che va in città. Questo stato d’animo è favorevole a una maggiore identificazione.

E' così che McCormick s’inserisce senza soluzione di continuità nella pelle nelle veste nel pensiero, nel dolore del corpo, nella lacerante disperazione di tutte le bambine che sono Lakshmi, rendendo indelebile, indimenticabile nel suo romanzo la loro vita venduta e al contempo sollecitando un interesse che fattivamente intervenga a “disturbare”, se non altro, il perpetuarsi dell’ inqualificabile traffico.

Mi chiamo Lakshmi, ho 13 anni, vengo dal Nepal”. Lo scrive sul suo quaderno, la bambina intelligente, curiosa, desiderosa di sapere. Lo scrive in hindi e in inglese, in un paese straniero, avendo per maestro un bambino di otto anni, un bambino che vive nel bordello.
Il quaderno di Lakshmi è un quaderno di scuola, diventa il libro prezioso, segreto e nascosto, in cui vengono raccolte cifre, conti, nomi: un promemoria, un memento, che inchioda a una scarna realtà scritta i dati del debito e del dolore, come gli spiragli di gioia legati a rapporti inattesi di affetto, di scambio, di amicizia.
La storia di Lakshmi è scritta e letta in un eterno presente. Scelta stilistica che s’avvicina a una ripresa in diretta.
Tutto accade al momento, sulla pagina e nella nostra emozione. Ogni momento è per sempre. Immortalato da una prosa poetica. Che genera impressione durevole, che va oltre l’accadimento, ancorandosi all’accadimento.
 
La storia dell’adescamento, dell’imbroglio nei confronti dei bambini, è nota sotto ogni cielo che riveli la povertà della terra guardata. La terra della storia di Lakshmi è il Nepal. Terra segnata dal suo clima, condannata dall’aspro contrasto delle stagioni, dalla cattiva amministrazione dei suoi doni, dalla rapinosa prepotenza di chi sa prevalere.

Andare in città, lavorare al servizio di una ricca signora, diventa il miraggio di ogni ragazza.
Lo ha già fatto Gita. Lo fa Lakshmi.
Andare in città significa poter permettere a mamma un maglione per il freddo peggiore, latte di capra per il fratellino perché sopravviva al monsone, e soprattutto vuol dire un tetto lucente di latta che ripari la casa dalle intemperie meglio della mota e degli stracci che ne tappano i buchi. 
Lakshmi è così generosa da pensare anche alla vanità di un cappello per il suo patrigno giocatore e beone. E’ proprio lui, che s’indebita, che costringe mamma a vendere i suoi begli orecchini, a procurarle “il lavoro” in città.

Il viaggio di Lakshmi in città è un viaggio di meraviglie. Tutto è nuovo per la piccola montanara, mezzi di trasporto, lingua, movimento, tutto sfugge alle semplici categorie di riferimento che hanno delimitato il suo orizzonte in montagna. Tutto va ricreato, denominato, per non perdersi, per ridefinirsi.
E’ il ricorso alla poesia che salva Lakshmi.
Un’elencazione puntuale, precisa, una creazione personale di ciò che vede, sente, scrive, che la ancora a una realtà che non capisce ancora di cosa sia fatta. Perché strani personaggi, di volta in volta se la scambiano, se l’affidano, l’affiancano nel suo cammino, in una staffetta che ha per meta una casa che per una beffa del destino si chiama “La casa della felicità”.
In quella casa, Lakshmi scende all’inferno. Il lavoro che l’attende non è quello che aveva immaginato.
Violata, oltraggiata, massacrata, in rivolta perenne, Lakshmi è costretta a piegarsi per sopravvivere.
Di più.
Lakshmi è schiava due volte. Di chi la manipola, la costringe, le sottrae ogni volontà con ogni mezzo e di chi, agevolato da tanto lavoro, l’assoggetta a proprio piacere
.

L’orrore di ciò che si compie in quel luogo è detto esplicitamente, in una forma espressiva che esige di essere letta ed accolta, perché può essere letta ed accolta -dall’adulto e dall’adolescente- e che nulla rimuove, niente toglie al crudo rito del prospero mercato del sesso, aperto al delittuoso ingresso dell’infanzia.
In quel luogo comunque si vive. Come all’uomo succede sempre. Si è quasi in famiglia.
Dalle quinte emergono personaggi che rivelano la loro storia, il loro carattere, il loro dolore.
Donne e bambini. Donne che si prostituiscono e bambini che giocano.
Donne che piangono e trovano il coraggio qualche volta di ridere.
Bambini che sono bambini, che tirano di palla, si spalleggiano, si affrontano, qualche volta sostituiscono gli adulti diventando adulti al loro posto.
Fra tutti, Lakshmi è protagonista. Nella ribellione, nella sottomissione, nel coraggio, nel sotterfugio, nell’amicizia. E nel barlume di bellezza e d’amore che pure s’accende nel buio della sua condizione.

Quello che leggiamo è un libro davvero particolare. Di doppia riuscita. La cura che mette nel denunciare porta alla coscienza che segue ogni informazione documentata con scrupolo e correttezza; la forma narrativa adottata, la lingua, raggiungono vertici emotivi ed estetici di rara lettura.

Patricia McCormick, Venduta, Salani, 2010, p.253, € 14,00

(da "Libri in rassegna" di Rosella Picech, "Bibloteche Oggi /Sfoglialibro", Luglio 2010)

 

 

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ALICE NEL PAESE DEI BAMBINI
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