David
Almond, Skellig, traduzione di Paolo Antonio Livorati, Salani,
2009, p.152, € 11,00
Uccello, angelo? Animale, uomo? Creatura discesa dalla scala
evolutiva o dai cieli visionari del poeta?
Alla ricerca di una risposta che non c’è (chi sei?), restava valida
quest’unica saggezza: “A volte dobbiamo solo accettare che ci sono
cose che non si possono sapere. Dobbiamo contentarci di vedere
quello che c’è da vedere e il resto dobbiamo immaginarlo”.
L’aveva detto Mina a Michael, a proposito di Skellig.
Bambini. Che persistono nei sogni dell’infanzia, nell’idea di un
mondo -ancora per poco il loro mondo- di magie, di meraviglie, dove
tutto è atteso e tutto può accadere. Bambini di fede. Bambini che
cambiano e, in transito verso un’altra età, credono dubitando di
quello che vedono, e mentre scoprono di poter volare devono planare.
Bambini colti in questo magico passaggio.
Questi.
No, che non stava bene, Michael. Alcune ragioni del suo malessere
erano evidenti. Il cambiamento di casa (e poi che casa! Il giardino
una giungla, l’edificio trascurato e malmesso, un garage minaccioso
e proibito). E quella vita difficile (genitori al seguito di una
sorellina malata, fra l’ospedale e la casa, su e giù). Lasciato
solo, in balia di se stesso (si salverà, la bambina?), alla
ricerca di una distrazione, di un gioco, Michael si fece coraggio.
Aprì la porta ed entrò nel garage.
Michael entrò nell’inferno alla ricerca dell’angelo.
Procedeva cauto, con il cuore sospeso. Scansava polvere e ragnatele,
incontrava piccoli esseri immondi, annusava tanfo di marcio.
Dietro le casse, un raspare. Un implicito annuncio: ci sono.
Un’avvertenza: vattene, non ti avvicinare.
Puntando la torcia, Michael vide il prodigio. Sembrava dimenticato
dal tempo, corroso dalla malattia, accartocciato in se stesso,
ripugnante, abbrutito, cacciato dal cielo. Si lamentava, insultava.
Non voleva soccorso e chiedeva soccorso (l’aspirina e “il ventisette
cinquantatre”).
Michael lo sollevò un poco. Toccò inavvertitamente una scapola. E
subito l’altra. Perché sotto ad entrambe sembrava nascondersi
un’ala.
Chi sei? “Nessuno”. Era Skellig.
A scuola, Michael stava studiando Darwin e la teoria dell’evoluzione
(Skellig, una suggestione?).
Accanto alla sua nuova casa, abitava Mina, una ragazzina che non
andava a scuola, studiava con sua mamma in piena libertà, e con lei,
in tutta convinzione, coltivava la scienza, il disegno degli uccelli
e la poesia di William Blake, con le sue visioni.
Michael s’incontrò con Mina. Ebbe una maestra d’altro stampo. Con
lei, condivise segreti. Tacendo il suo segreto, conobbe il segreto
di Mina. Poi si decise. E le fece conoscere Skellig.
Fu allora che uscirono altri segreti. Di gufi e di angeli. Creature
di volo.
C’è un luogo privilegiato nel romanzo, oltre ai molti che spalancano
paesaggi di vita, di sogni, di anima, e fanno fremere il cuore, ed è
il posto in cui nidificano i gufi amici di Mina, si radunano i
bambini, trova riparo l’enigmatica creatura che è Skellig. E’ lì che
si compie il miracolo della reciproca partecipazione degli esseri,
sollevati dall’individualità di se stessi nel volo.
E’ un romanzo straordinario quello che leggiamo. Convinto della
forza misteriosa della poesia, forte delle convinzioni della
scienza, scettico di ogni definitiva sistemazione filosofica,
procede serrando le fila, in modo che tutto si tenga. Il sapore
dell’amicizia, l’affacciarsi timido dell’amore, l’ascolto
emozionante del pigolio del merlo pulcino, il battito debole e forte
del cuore, lo scambio del soffio vitale fra un essere misterioso e
un bambino, la verità della vita e del sogno. Darwin e William
Blake, il procedere alto del pensiero e la natura cruda delle
esigenze del corpo, il duello fra la vita e la morte, l’irruzione
nell’ordine razionale, che rende possibile il mondo, di una
perturbante minaccia.
Difficile classificarlo. Perché come dice il Guardian “I libri di
David Almond sono creature strane e inquietanti, che sfuggono ai
normali vincoli della narrativa per ragazzi. Come tutta la grande
letteratura, vanno al di là di qualsiasi classificazione”.
Da questo romanzo, uscito nel 1998, che ha vinto tutti i più
importanti premi internazionali, sono stati tratti un adattamento
teatrale e un’opera lirica e a breve ci sarà anche un film con Tim
Roth nel ruolo di Skellig.
(dalla recensione di Rosella Picech, Sfoglialibro, Luglio 2900)