Jacqueline
Kelly, L’evoluzione di Calpurnia, traduzione di Luisa Agnese
Della Fontana, Salani, 2011, p.287, € 16,80
La storia si svolge nell’ultimo anno dell’Ottocento, nella campagna
del Texas del sud: una grande fattoria, una grande casa, una grande
famiglia, una piantagione di cotone, immersa in una natura ricca di
piante, animali, percorsa da un fiume.
Un laboratorio naturale per
nonno e nipote, entrambi catturati dalla curiosità suscitata da “ la
crosta terrestre [che ] è un grande museo”, parola del signor Darwin
(ancora proibita ma scritta), riscontrabile nel suo trattato assieme
a molte altre “scoperte”, una delle quali dice proprio così:
“Le leggi che governano l’eredità sono per la massima parte
sconosciute; nessuno può dire perché… certi caratteri del nonno
riappaiano in un discendente…”.
E per Calpurnia fu
proprio così.
Al libro di ricette di cucina, Calpurnia preferisce l’altro libro,
il libro segreto, il libro del signor Darwin: per lei è più facile
impastare terra che farina, preparare innesti invece di sbucciare
mele. Al tempo perso dei ferri della calza e delle finezze del
ricamo sostituisce volentieri il microscopio, e soprattutto la
ricerca in campagna, lungo il fiume, nel bosco. Nidi, uova, arbusti
e pianticelle, raccolti e accuratamente selezionati, confrontati,
denominati secondo le regole dei libri di tassonomia. Roba da veri
scienziati. Da scopritori di specie nuove, per forza di cose
sfuggite al signor Darwin. Come accadde con quella storia della
“veccia”, che li tenne in sospeso, lei e il nonno, fino all’inizio
dell’anno nuovo, del secolo nuovo, il 1900.
Una nuova Jo March nacque quell’estate di transito verso il
nuovo secolo. Una piccola donna
consapevole della propria consapevolezza, una piccola donna turbata
dalle proprie inclinazioni, non così in regola con le regole dei
tempi e i mestieri delle donne: la cuoca di famiglia, o la maestra
di scuola e la telefonista dell’unico telefono al posto pubblico
appena inaugurato. Donne diverse dalla mamma, collocata nel vero e
più pieno ruolo della donna: moglie, madre, signora della casa. A
questo modello tendono in famiglia: è così che vogliono Calpurnia. Il
nonno offre alla bambina un’altra storia, sapendo di poter contare
su quelle affinità già riscontrate nelle teorie del signor Darwin. E
anche su qualche altra qualità della nipotina.
L’epoca che ambienta la storia di Calpurnia è epoca di passaggio. In
"evoluzione". Dall’infanzia all’adolescenza, da un secolo all’altro,
da una concezione della vita basata su mere credenze a un’altra che
guarda alle scoperte della scienza. Si è su un crinale, che separa
il passato da un’entrata nella modernità. Il Novecento diventa il
futuro. L’atmosfera evocata è precisamente d’attesa: la trama del
racconto ne fa percepire i segni: nella natura, negli uomini, negli
accadimenti e soprattutto nelle aspirazioni e nei comportamenti,
diventati emblematici, di nonno e nipote.
Da tempo non si leggeva un romanzo così. Grande romanzo, splendido
romanzo, questo che ci arriva dall’America, giocato di rimandi e
metafore, incentrato su fatti quotidiani, minuzie, ritratti,
recuperati alla cognizione del proprio tempo in transito; racconto
di ampio respiro, di vite vissute in sintonia con la natura e di
superamento della natura, sorretto da ragionamenti forti, dialoghi
profondi, naturalmente incline a un linguaggio alto, lievitante
ironia e leggerezza, modulato nei temi e nei modi di una scrittura
bella e significativa. A conforto immediato di chi legge e a sicura
permanenza nella storia della letteratura.
(dalla recensione di
Rosella Picech in Libri in rassegna, Sfoglialibro, Marzo 2011)