Philippa
Pearce, Il piccolo gentiluomo, traduzione di Luisa Agnese
Dalla Fontana, Salani, 2010, p.154, € 11,00
Fu la figlia del vicario a leggere per la prima volta Darwin a
Talpa. Fu lei a scoprire, con gioia e senza meraviglia alcuna, lo
scambio d’amicizia di scienza e di poesia con un essere così piccolo
e diverso. Un brillante conversatore, emerso ogni volta dalla terra,
a portare senso alla sua vita.
Poi ci fu un Icaro estroverso e affezionato. Ma erano amici di tanto
tempo fa.
Quando arrivò Bet, Talpa sperò di nuovo.
Talpa è l’animale parlante introdotto da Philippa Pearce nel romanzo
Il piccolo gentiluomo.
Scava le sue gallerie in una campagna inglese impregnata di umori
che rimandano alla storia patria, alle diatribe sull’origine della
vita, al senso della vita nelle diverse età dell’uomo, alla
consolazione dell’amicizia, oscillando tra la realtà e alcune sue
originali metafore.
Per rappresentare cose così complicate, Philippa Pearce, l'autrice,
sceglie il punto di vista dell’infanzia, non dimenticando di farlo
dialogare con istanze più critiche, riservandosi, ogni volta, chiose
ironicamente leggere.
La sua Bet è una bambina timida e schiva, che vive fra vecchi, i
nonni e un anziano studioso di storia naturale, che ha per domestica
la nonna di Bet.
Bet frequenta con la nonna la casa del signor Franklin: è una
villetta isolata che guarda un enorme appezzamento di terreno
confinante con un fiume. Quello scenario accoglie uomini e animali,
in un campionario che differenzia le specie, in un luogo in cui le
differenze di specie vengono magicamente annullate: un teatro
perfetto per leggere Darwin.
“Da mammifero a mammifero”, così qualifica Talpa il suo rapporto con
Bet, perché sia alla pari, forte della lezione di Darwin, di cui è
frequentatore affezionato, attraverso la lettura a voce alta degli
amici del passato, e ora di Bet.
Sostituta del Signor Franklin, impossibilitato da una brutta caduta
ad onorare i suoi appuntamenti di lettura con la Talpa, Bet diventa
la lettrice ufficiale presso la tana del colto roditore.
Col tempo, avviandosi fra diffidenze e confidenze, conquiste e
retrocessioni, il sodalizio fra la bambina e la talpa diventa un'
amicizia. La sola per Talpa. La sola per Bet.
Chi sono io, chi sei tu. Possiamo comprenderci?
Talpa viene da lontano, addirittura tre secoli lo separano
dall’oggi. Ma non è stato sempre così. Ci fu un tempo in cui era
solo una talpa, una vera autentica talpa. La sua perdizione arrivò
quando incontrò l’uomo e la Storia, sui campi di battaglia e nelle
contese del trono d’Inghilterra, all’epoca dei Giacobiti. Suo
malgrado, coinvolto in quelle vicende così poco talpesche, Talpa
sperimentò la malvagità dell’uomo, che lo sacrificò, per tornaconto,
alla stregoneria. Da quell’esperienza, Talpa ne uscì condannato a
vivere perennemente e dotato di quel dono, benedetto o maledetto, che
all’uomo da allora lo s’assimila: la parola.
A onor del vero, Talpa deve ammettere che quella stregoneria, che lo
ha privato della sua natura talpesca, gli ha consentito anche la
bellezza e la consolazione di qualche autentico incontro. Ma carico
d’anni e ormai insofferente di una vita usurpata, Talpa è un po’
stanco e in procinto di prendere una drammatica decisione. Ritornare
talpa, riattivando la stregoneria al contrario.
Ne sarà capace
Talpa? Può aiutarlo Bet?
Bet sta attraversando un momento difficile. La mamma, che se ne
andò, abbandonandola ai nonni, si è rifatta viva. Vuole la bambina
nella sua nuova famiglia. Bet è combattuta. A maggior ragione,
adesso che nella sua vita oltre alla nonna c’è Talpa. La nonna le ha
prospettato una soluzione. Frequentare la mamma e la sua famiglia
con gradualità. Vedere come vanno le cose. A una prima verifica, le
cose vanno piuttosto bene. A una seconda visita, ancor meglio. Cosa
deve fare Bet? Che ne dice Talpa?
Fra la curiosità di sperimentarsi e la premura per l’amico, si mette
in moto un ingegnoso meccanismo narrativo, che dà luogo a un viaggio
iniziatico, alla fine del quale tanto Bet quanto Talpa, aiutandosi,
troveranno risposta ai loro interrogativi. Il costo per entrambi? La
separazione definitiva.
L’infanzia intesa come totale disponibilità alla vita, confidente,
non minata dal pregiudizio, pronta ad accogliere. Capace di essere
così generosa da dire all’amico desidero il tuo desiderio.
Anche se
quel desiderio costa l’addio.
Detto con le parole dell’autrice di
Il giardino di mezzanotte. Un piccolo capolavoro. Ancora una
volta un piccolo capolavoro.
(di Rosella Picech, da Libri in rassegna, Sfoglialibro/Biblioteche
oggi, settembre 2010)