romanzi - recensioni

Il bambino e il falegname - Storia di un’amicizia sulle ali di mille colori
di
Matilda Woods, trad. di Giordano Aterini; ill. Anuska Allepuz
Rizzoli, 2017, 227 p. € 16,50


Il titolo originale, The Boy, the Bird and the Coffin Maker, ristabilisce immediatamente con proprietà linguistica il ruolo dei protagonisti. Mette in fila il bambino, l’uccellino e quel costruttore di bare che, nella traduzione italiana, diventa un più “innocuo” falegname.
Paura di chiamare le cose con il loro nome? Timore di offendere sensibilità infantili? Ci pare che lo scrupolo sia del tutto assente nel racconto e nelle intenzioni del romanzo che leggiamo.
L’impatto è forte. Caliamo in una fiaba che s’appella a una tradizione di meraviglie, miracoli, sentimenti estremi, un luogo in cui la vita s’intreccia con la morte in una cultura remota in cui entrambe erano di casa. Non vi è nulla di macabro nella dimestichezza con cui il coffin maker tratta i suoi “clienti”, anzi, la sua azione sconfina nella delicatezza e nel rispetto e, come è proprio del suo carattere, mite e incline, in un vero accudimento. Soprattutto quando in quel paese fiabesco, arroccato sulla montagna precipite nel mare, arriva alla sua bottega una giovane donna. E’ la mamma del Bambino che verrà.
Il Bambino arriva di nascosto, orfano e furtivo, preannunciato dall’uccellino prodigioso, che tanta parte ha nelle vicende raccontate. E’ un bambino che scappa. Il coffin maker lo attende, lo accoglie, lo rende figlio, al posto di quel figlio ghermito dalla peste, che ha falcidiato molti anni prima tanta gente, facendo del falegname un coffin maker.
Cercando di sfuggire all’orco immancabile del genere narrativo in cui sono calati, The Boy, the Bird and the Coffin Maker vivono nascosti nel segreto della loro fiaba leggendo un’altra fiaba, che narra di un paradiso di vera felicità, forse ancora raggiungibile.
Accanto ai protagonisti, molti comprimari, ciascuno con il compito di imprimere un carattere al luogo fantastico della storia e ciascuno pronto ad impersonare le sfaccettature di una umanità non propriamente esaltante, spesso commentata con arguta bonomia dal coffin maker nell’esercizio della sua funzione.
Nell’incrollabile fiducia che quello che le fiabe raccontano possa essere vero, la fiaba che leggiamo slitta nella fiaba raccontata dal libro al quale si era tanto appassionato il bambino, in un incontro che prospetta con garbo e autentica poesia la raggiunta utopia della realizzazione del sogno.

(di Rosella Picech, per LiBeR n.118, marzo-maggio 2018)
 

 

 

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ALICE NEL PAESE DEI BAMBINI
ideazione, titoli e testi di Rosella Picech
realizzazione grafica di Lena Chiodaroli

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