Dopo
cent'anni di solitudine...
Avventura, amicizia, segreti e misteri, realtà e fantasia si
intrecciano in questo romanzo, sfidando il lettore alla
ricomposizione di un puzzle ricco di tessere sorprendenti.
Una doppia caccia al tesoro.
Dentro il racconto: loro, i protagonisti, a scavare
"buchi nel deserto", per ritrovare il tesoro nascosto cent’anni
prima.
E fuori il racconto: noi, i lettori, sfidati alla ricomposizione di un puzzle, ricco di tessere
sorprendenti. Ecco l’altra caccia al tesoro.
Per guida, ad entrambe, l’ultimo discendente degli Yelnats.
Stanley Yelnats, il protagonista di questo romanzo, dotato di un
"marchio" palindromo ereditato da quattro predecessori.
Al principio della storia, ci fu una promessa non mantenuta e anche
una maledizione. Si poteva anche fare spallucce. Ma tutti coloro che
si chiamarono Stanley Yelnats, e tutti i discendenti maschi ebbero
quel nome, si trovarono al posto sbagliato nel momento sbagliato,
imprecando contro quell’inadempiente capostipite “sporco – buono – a
- nulla – schifoso – ladro di maiali”, origine di tutti i loro guai.
Fu così per ogni discendente. Ciascuno ebbe la sua dose di
tribolazioni fino ad arrivare all’ultimo, il quarto Stanley Yelnats,
che nel romanzo Buchi nel deserto riprende le fila di
tutte le storie tribolate che hanno generato la sua.
Anche a Stanley succede di essere nel posto sbagliato al momento
sbagliato, quando sembrano piovergli dal cielo sulla testa un paio
di scarpe da ginnastica. Stanley, no, non le ha rubate, ma è lo
stesso accusato di furto.
Ironia della sorte, si chiama Campo Lago Verde il riformatorio cui
Stanley è destinato. E’ un deserto. Pieno di buchi. A scavarli sotto
il sole implacabile, un caldo che squaglia, una sete che morde, agli
altri ragazzi si aggiunge anche Stanley. Perché scavare quei buchi?
Per "correzione"? per "temprare il carattere"? O perché qualcuno è alla disperata
ricerca di qualcosa? Nei
comportamenti dei membri cui è affidata l’organizzazione del campo, sembra di scorgere proprio
questo proposito. Ma cosa cerca con tanto accanimento la terribile
sovrintendente, strega incarnata di tutte le più terribili streghe?
Stanley e i suoi compagni scavano e tacciono, dicendo signorsì per
evitare guai peggiori.
In un rapporto di complicità e contrapposizione violenta, scorre la
vita al campo, scandita dalla fatica e dalla nostalgia. Improvvisa
sorpresa, per Stanley, come le molte che sopraggiungeranno, anche un
amico. Zero è men di Zero, è nero e sta zitto, non sa scrivere e
leggere ma sa fare in fretta i conti e i buchi. Un patto e uno scambio legano
i due ragazzi. Per la vita ed una fuga.
Stanley è suscitatore di storie, perché la sua è connessa in modo
diretto e indiretto con fatti accaduti molto tempo prima. Centodieci
anni addietro, a Capo Lago Verde c’era proprio un lago, sponde
fiorite e un piccolo paese. C’era una comunità di pionieri; avevano
la loro chiesa, la loro casa; lo sceriffo e la prigione, la scuola e
la maestra; c’erano i bianchi e c’erano i neri e, fra questi, un
cipollaio gentile, che dava sollievo a molti malanni con le sue
pozioni. Centodieci anni prima, per una storia d’amore a Capo Lago
Verde s’era fermato il mondo. Ma prima che il lago si asciugasse per
diventare un deserto, si verificò il più fantastico dei putiferi che
l’epopea del West ebbe a conoscere: una donna, in rivolta contro
la sua comunità -gretta prepotente e assurda nei pregiudizi
razziali- divenne fuorilegge. Kate la Baciatrice depredò anche il
trisnonno di Stanley, sottraendogli il suo tesoro.
Le storie di centodieci anni prima, con tutti i loro segreti,
confluiscono nel presente del romanzo, con frequenti rimandi al
passato, per avere una stretta finale
che le riconduce al loro posto, in una vicenda più ampia, davvero
sbalorditiva. Un destino si compie. E i debiti si saldano, i torti
trovano riparazione e i tesori, alla fine della caccia, vanno ad
allietare la vita di degni destinatari.
Se le colpe sono ricadute sui figli per quattro generazioni, sono
poi i figli che con un gesto d'amore riscattano le colpe dei padri.
Avventura, amicizia, segreti e misteri, realtà e fantasia si
intrecciano in questo romanzo. Quando si fa letteratura, e in questo
romanzo si fa, le tradizioni di molte culture sembrano confluire in
un’unica opera per dare forma e significato alla costruzione di un
mondo.
In questo romanzo, s'avvertono influenze di propensione alla
leggenda, alla fiaba, al gioco surreale, in cui sembra di scorgere
gli accenti un po' lontani di storie yiddish trascinate
inopinatamente in un'epopea del West. O, ancora, in un mirabolante
rimando, giocando a scoprire altre vocazioni, l’inclinazione a
immergersi in atmosfere di realismo magico. Ed è proprio a questo
punto che riecheggiano altre siccità e altre piogge, altri amori e
altri livori, altri appuntamenti col destino, altre maledizioni
attenuate dal ridicolo della loro motivazione e della loro
consistenza, in itinerari forzatamente circolari. Da riportare quasi da Capo
Lago Verde a un Macondo di
Cent’anni di solitudine.
Vincitore della Newbery Medal 1999 e del National Book Award
americano 1999, Buchi nel deserto è stato presentato al pubblico
italiano, l'anno successivo alla sua uscita (1999), nella prima bella
edizione del Battello a Vapore, con una illustrazione di copertina
di Lorenzo Mattotti, anch’essa da premio (qui riprodotta).
(Louis Sachar, Buchi nel deserto, traduzione di Laura Cangemi,
Piemme,1999, p.256, L.26.000
L'edizione attualmente in commercio, si trova nella serie arancio,
in brossura, del Battello a Vapore, per bambini a partire dai 9
anni, con illustrazioni di Marco di Domenico e la traduzione di
Laura Cangemi.
(Recensione di Rosella Picech, Alicenelpesedeibambini.it, Settembre
2012)