BAMBINI
PER SEMPRE?
... un lungo cammino, costellato di
personaggi e paesaggi, usciti dalla memoria dei sogni, che
conduce il romanzo verso un'utopia dell'infanzia... La
rappresentazione che ne viene data, in un raffinato gioco di
metafore, riepiloga letture nobili, che spaziano dalla fiaba
alle visioni più alte della letteratura, convocate in un
contesto che le preserva e le rigenera, in una cifra
personalissima.
Il mondo di domani è oggi. L’apocalisse è
avvenuta. Il sole brucia, gli animali sono scomparsi.
Inaridita e assente, la natura è evocata in “programmi”, che
minuziosamente riportano profumi lontani che non si sentono
più e le voci concordi degli animali fantasmi che lamentano
un tempo irrimediabilmente passato. Confinato nell’
“agglomerato”, in confidenza con le statue del cimitero,
oppresso dal caldo implacabile di un sole malato, un
bambino. E’ lui. Si chiama Pepe.
E’ da poco uscito dal “secchio”, che tiene all’umido i
piccoli per ripararli dal sole. Ha un padre che ha perso,
una madre che vuole vivere e vincere; una prozia fantasiosa
che lo ama, lo educa. Insieme, il bambino e la zia,
“allevano” i loro animali - giocattoli in miniatura-,
custoditi in una scatola che ha sul coperchio di latta il
ritratto di una bambina bellissima. Pepe se ne innamora
perdutamente. Quell’immagine è il suo destino, il filo che
conduce il romanzo verso un’utopia dell’infanzia.
E’ la pioggia che giunge a liberare i bambini dalla stretta
dei grandi. I padri e le madri cadono in un sonno profondo.
I figli escono e partono.
Nel viaggio verso il destino, Pepe ha per compagna una
bambina, piccola, buffa, in rivolta. Il suo nome è
Primavera.
Vanno i bambini, incontro ad altri bambini. Liberi tutti.
Anche negli istinti cattivi. Bambini galli, in
combattimento, bambini piloti, che barano e rubano, bambini
accaniti, che si contendono il territorio, nella pioggia
battente, snervante, implacabile di un tempo malato, che ha
sullo sfondo, come animale morente, che mugghia, geme e
agonizza, il mare. Bambini comunque generici. Bambini di
passaggio, verso lo snodo di un appuntamento decisivo. La
chiesa di Santa Eurosia.
Davanti alla statua mutilata della santa, Primavera attratta
e inorridita, tempesta di domande Pepe. Ma a togliere
d’impaccio Pepe, arriva sulla scena una comprimaria
importate della storia, che costantemente ambisce a essere
protagonista: “… quella bimba ti colpiva e ti allarmava.
Ciocche ricce e d’oro che sfuggivano dal cappuccio, occhi
sporgenti e azzurri e chiari quanto le lucertole dei
faraglioni e soprattutto quella pelle bianca come nel nostro
mondo non ce l’aveva nessuno…”. E’ Petronella, con il suo
seguito: un fratellino strano, un precettore bambino e una
valigia, rossa, enorme, dalla quale la bambina, maga e
prestigiatrice, estrae cibi, vivande, ripari e ogni genere
di conforto, all’occorrenza.
La formazione adesso è quella giusta -Pepe, Primavera,
Petronella, il fratello, il precettore- in ineluttabile
cammino, verso “l’incontro”, attraversando la pioggia, il
gelo, il mercato alla stazione, dove i bambini barattano
cibo, pezze, vetri, giocattoli e … figurine: quella
preziosissima, per Pepe, ha il viso bellissimo e gli “occhi
d’albicocca” della bambina della scatola.
L’antro della strega è una casa magica. Sepolta in fondo al
mare, lontana dal sole che brucia e dalla luce che acceca,
ha preservato i suoi abitanti ricchi. Petronella, ritornata
nel suo elemento, spadroneggia. E’ a Pepe che mira. Sa che
solo lui è il Principe di Biancaneve, della bella
Addormentata, è Hänsel con Primavera, la sua Gretel. E Pepe,
stordito come l’Ulisse della maga, la segue. Giù, sempre più
giù nella casa, che s’allarga, respira, si dilata come un
organismo vivo in cerca di una propria dimensione. Giù, fino
al mare di una volta, il mare innocente di quando i grandi
erano bambini.
Discosta, appoggiata sulla roccia, un’urna trasparente.
Dentro, adagiata, come pronta per un mesto funerale, una
bambina piccola. Una bambina bonsai, costretta da una magia
avveniristica a rimanere bambina per sempre. Per avidità,
malinteso amore, sacrificata alla sua stessa vita... E’ lei.
Sofia. La bambina della scatola, la bambina di Pepe…La
bambina per sempre che Pepe vuole risvegliare, portare
lontano dall’infanzia. Perché l’infanzia deve finire.
Con Pepe, ci inoltriamo in un luogo di riferimenti reali -
una città (Genova) con il suo cimitero, avanzata negli anni
di un futuro probabile-, e di suggestioni - un lungo cammino
costellato di personaggi e paesaggi, usciti dalla memoria
dei sogni.
Chi narra è immaginifico e visionario, ha voce morbida,
ricca, drammatica, che predice. Lo sguardo profetico vede
oltre la materialità delle cose e introduce chi legge in una
dimensione fiabesca. Dove si agitano i dilemmi in cui
l’umanità si è dibattuta da sempre, la vita e la morte,
l’amicizia e l’amore, la crescita, paventando ad ogni passo
la possibilità di una vendita dell’anima al diavolo; in
primo piano, gli affanni di questi nostri anni per un futuro
che sembra davvero un’annunciata apocalisse. La
rappresentazione che ne viene data, in un raffinato gioco di
metafore, riepiloga letture nobili, che spaziano dalla fiaba
alle visioni più alte della letteratura, convocate in un
contesto che le preserva e le rigenera, in una cifra
personalissima.
Si chiama Paolo Zanotti l’autore di questo libro. E’ giovane
(1971). E’ alla sua prima prova con il romanzo, questo
romanzo. Ha già scritto racconti per prestigiose riviste, ha
pubblicato vari saggi sul romanzo d’avventura e sulla
letteratura per l’infanzia.
Paolo Zanotti, Bambini bonsai, Ponte alle Grazie,
2010, p.229, € 17,00
(da "Libri in rassegna" di Rosella Picech, "Bibloteche Oggi
/Sfoglialibro", Luglio 2010)