Interviste
 

 

ATTEN
TI AL LUPO!

Una conversazione con Silver di
Rosella Picech
(tratta da Sfoglialibro, Dicembre 1996).

Lupo Alberto compie 40 anni.
Cosa diceva di sé Silver, cosa diceva del suo Lupo, cosa diceva del suo tempo. In un'intervista di diciotto anni fa.

Al Lupo, al Lupo! E il lupo arriva. Quatto, quatto. Da fuori. Spirito libero, scarsa simpatia per i recinti, vagabondo. Alla fattoria McKenzie ritorna volentieri per via di una gallina. Visite di rapina le sue, non di cortesia. Il lupo s'avvicina allo steccato, guardingo. Le orecchie come antenne. Sa che il Cane sta in agguato, pronto a intervenire. Il lupo è svelto ma il Cane è all'erta, in costante allenamento. Il Lupo afferra la gallina, che emette un pigolio, non si sa di qual natura. Il Lupo ha fretta, il Cane incalza, ma il predatore trova il tempo per uno sguardo malandrino, occhi negli occhi della pollastrella, "non possiamo continuare a incontrarci così". E' una gag che si ripete fin dalle prime strisce, tanto da collocare il carattere del Lupo. Che non è qualsiasi. Ma è Lupo Alberto. E vive e opera nel fumetto omonimo.

"Per fare scattare la battuta, bisogna prendere il lettore per mano e accompagnarlo in una direzione opposta a quella che si vuole indicare, per ribaltare la situazione,
disattendere le aspettative. Mi è venuta in mente questa trovata, fin dal principio. Poi la cosa è rimasta. Perché nella necessità di legare una striscia all’altra, ho voluto ribadirla. E così è diventata il meccanismo attorno a cui ruota tutta la situazione: il lupo ama la gallina, il cane ostacola il loro amore, una giostra".
Spiega così, Silver, il Lupo che gli è scappato dalla mente, gli si è messo in mano e ormai da dodici anni scorrazza nei pressi della fattoria McKenzie.
Sommesso il tono, timido lo sguardo, qualche inciampo d'emozione, quando parla.
Non s'abitua Silver, alla popolarità. Che gli fa piacere. Ma da spiare dalle quinte.
Compiacendosi del Lupo che "ormai ha vita propria".
Confondendosi col Lupo. Che ha qualità e vizi "che in fondo possono essere riferiti proprio ai miei". Dei vizi tace. Delle qualità elenca "i pochi punti fermi" che guidano la sua condotta: l'onestà che spesso lo fa prendere per moralista, l'impegno "che scarseggia così tanto oggi", il lavoro fatto con coscienza. Porta molti esempi. E c’è da stupirsi.
Lui, Guido Silvestri, in arte Silver, ha una faccia che dice proprio queste cose. Ma il Lupo? da non crederci. Da dire: chi, Alberto? quello delle strisce? Proprio lui, che sembra tutta un'altra cosa?
Perché il Lupo che conosciamo noi non si distingue per onestà e impegno nel lavoro. E' invece di qualche sotterfugio, certo per necessità; perdigiorno e scavezzacollo, per naturale propensione. Da morirci dietro per simpatia, per fascino. Ma in fondo è pur sempre
il lupo che si avvicina al pollaio. E per fortuna, non inalbera il cartello delle virtù ostentate.
Silver protesta: "il Lupo va al pollaio per amore, non per fini poco nobili. E' sempre stato onesto, non ha mai accettato compromessi, non ha mai chinato il capo, è un personaggio coerente con se stesso. E' uno che vive ai margini, vive un altro ordine, diverso dall'ordine costituito rappresentato dalla fattoria. Se vogliamo, è un po' anarchico, un personaggio che ama vivere fuori dagli schemi".
Una perorazione. Per il Lupo?

Per diventare Silver, Guido Silvestri parte per Milano. Lascia Modena, la sua famiglia. E va incontro a quel destino che nei sogni più sfrenati si fermava alle soglie della sicurezza della paga. Un buon
travet, non così tradizionale, inconsueto anche, per via di carta e penna adoperati con profitto a disegnare e non a far di conto. Così si vedeva in proiezione Silver.  Sogni piccoli, senza pretese. Ignari del Lupo. Che doveva ancora arrivare. Ma si sa, il lupo arriva quando meno uno se l’aspetta.

Silver incontrò Bonvi. Franco Bonvicini, disegnatore satirico noto in tutto il mondo (per il suo
Sturmtruppen, ma anche per Cattivik, Nick Carter e Marzolino Tarantola) lo prese a bottega. Nel rimpianto della sua recente scomparsa, Silver dice: "da lui ho imparato moltissimo, sia sul piano professionale che umano".
Com'era Bonvi visto da vicino? "Nonostante il personaggio che cercava di cucirsi addosso -un po' ribaldo, un po' guascone, un tipaccio insomma- era una persona amabilissima e di grande umanità soprattutto".
Fu il caso, proprio il caso, insiste Silver, a fargli incontrare quel Maestro. A scuola, Silver frequentava un istituto d'arte, "una prof mi disse che c'era un autore affermato che cercava collaboratori". Lui si precipitò da Bonvi. Che lo scelse. Disegnava
Capitan Posapiano, che non esiste più, e Cattivik, che c'è ancora con successo.
Guardare indietro, mettere in moto la memoria, porta Silver alla considerazione di quegli anni, ai suoi propri casi e a più generali riflessioni. Voltarsi, significa dare l'avvio a un processo a ritroso che conduce dritto dritto a Tiramolla e Cucciolo, alle radici della sua professione. A una stagione in cui
Geppo e Nonna Abelarda e gli altri personaggi dell'Intrepido e del Monello erano gli eroi della sua generazione. Finiti, cessati, senza più richieste, senza più mercato. Perché?
"Non potevano reggere il confronto con le pubblicazioni Disney, con le produzioni televisive. Comunque sono sostanzialmente cambiati gli interessi e il gusto dei lettori, che si sono indirizzati ad altri generi, in altre direzioni. Certamente la televisione c'entra. Da ragazzini noi passavamo i pomeriggi di svago a scambiarci i giornaletti: ‘ti do due
Intrepido, dammi quel Topolino’.. Noi, con quei personaggi, ci si mangiava il pane assieme. Oggi il ragazzino ha i suoi appuntamenti quotidiani con gli eroi televisivi, che con la scuola e i giochi al computer gli lasciano a malapena il tempo di leggere Dylan Dog".

Da bambino, Silver popolava la sua vita di disegni e pensava che da grande gli sarebbe piaciuto fare di quel passatempo un bel mestiere. Si guardava attorno, s'informava. Immagini, letture andavano a trovare posto nella mente.
Perciò, da grande, mentre lavorava sotto le direttive del Maestro, a parte, continuava coi suoi sogni. Che davano fisionomia sempre più distinta a "una situazione corale". Animali in una fattoria. Senza uomini. Ma come uomini. Al posto degli uomini.
Un altro mondo. Popolato da talpe e da un cane, da galline, da un toro, un maiale, una passeretta e… forse tralasciamo qualcuno? Sicuramente. Un Lupo.
All'inizio, tutti alla pari alla fattoria McKenzie. Poi: " Il lupo era forse il più vitale e si è imposto come protagonista. Nel corso degli anni ne sono venuti altri che si sono fatti largo, per esempio Enrico la Talpa, e con lui altri ancora, che sono cresciuti indipendentemente dalla mia volontà. Quelli che non hanno sufficiente vitalità muoiono". Si estinguono, perché non hanno più ragioni di rimanere sulla pagina.
Non così accadde a quel povero uccellino, felice, carino, ignaro, che zampettava alla fattoria McKenzie. Ucciso di proposito. Pum! una schioppettata. Morto. Via per sempre dalla scena. Una cavia, il passerotto. Silver voleva fare un esperimento. Stufo del mondo a tinte rosa della versione Disney, introdusse la morte nell'Eden dei fumetti. Ruppe con quella tradizione. Con delle conseguenze. C'è ancora, dopo tanto tempo, chi supplica o minaccia: lo rivogliamo vivo il nostro passerotto!


Silver guarda all'"eternità", per sua ammissione. Quindi casi universali, mai troppo particolari. Cantore di un'epopea animalesca che anela alla commedia umana, crea tipi, riconoscibilissimi, con folte schiere di seguaci. I tic, le debolezze, ma anche la generosità dell'uomo, in qualche caso la sua grandezza, sono prestate alle bestie più comuni di una fattoria. Ma siccome la vita si vive giorno per giorno, Silver è pronto ad annotare gli eventi quotidiani, per non lasciare in un museo il suo bestiario. E, cauto, viaggia coi piedi per terra. Dice sì alla gloria e all'immortalità poi, pratico, dispone le cose in questo modo: "Cerco di non legare mai troppo le strisce, le tavole, a una attualità molto precisa, per mantenermi la possibilità di utilizzare successivamente il materiale. Una corrispondenza troppo stretta comprometterebbe la possibilità di altre pubblicazioni". Come si dice: due piccioni con una fava, sano principio di economia spicciola.


Quali le parentele, indicate da Silver, per la sua fattoria? Alcune trapelano, ma altre?
"Basta pensare al periodo in cui sono cresciuto (ho 43 anni), per rendersi conto che gli elementi che avevo a disposizione per i miei personaggi erano pochissimi. Sono cresciuto con i personaggi Disney anch'io. Le prime novità, rispetto a quelle, sono arrivate con la Warner Bros, seguite da Hanna e Barbera (parlo sempre di personaggi televisivi). E sono convinto che Lupo Alberto sia nipotino di Will Coyote. L'ho sempre riconosciuto, anzi dichiarato con sommo piacere".

Dal piccolo schermo alla carta stampata. La Fontaine, Orwell, e sullo sfondo i classici, questi i punti di riferimento citati, assieme a Beatrix Potter e agli amatissimi romanzi Il vento nel salici e La collina dei conigli.
Attaverso Linus, Silver conosce i Peanuts ma s'innamora di Pogo, creatura di Walt Kelly, che lo influenza "per le sue atmosfere, per la coralità della rappresentazioni". Si sente riconoscente anche nei confronti di George Herrimann, padre di Crazy Cat, "così raffinato, così elegante". Ma la folgorazione è proprio la "striscia" in quanto tale. La "striscia" è la sua scoperta dell'America: "potevano fare fumetti nello spazio di tre quattro quadretti. Noi eravamo abituati a storie lunghe, articolate. Vedere le cose in questo altro modo ha aperto orizzonti impensabili". L'influenza americana per lui è stata decisiva: il Lupo ama gli aforismi, i tempi brevi, la battuta lapidaria.
Plaude Silver, alla maniera americana del quotidiano con le "strisce", sollievo alla lettura, sorriso o anche risata fragorosa, pausa distensiva dell'arrivare al fumetto del giornale. E si rammarica che Il Giorno e Paese Sera siano eccezioni. Qui da noi non c'è mai stata una tradizione di questo genere di letteratura. Il fumetto è stato sempre considerato minore e lo sarà sempre". Porta esempi a sostegno della sua affermazione, un lungo esempio di considerazioni negative sul fumetto, ritenuto indegno dell'Olimpo in cui si pavoneggiano i generi di lignaggio alto. E un po' s'arrabbia.

Il suo Lupo, Silver lo ha prestato a molte cause. Educative: contro l'Aids, contro la guerra. Al servizio dei giovani, ha messo Alberto. Che con destrezza, velocità, furbizia è passato indenne fra strali metaforici e mine varie.
All'epoca, qualche anno fa, c'era un ministro della Pubblica Istruzione che s'indignava contro un Lupo esplicito, chiaro, persuasivo: che infrangeva il silenzio a favore del sesso sicuro. Non si spaventava per questo Silver, che ingaggiava il suo lupo in un'altra campagna. Armandolo delle sue sole battute, lo sguinzagliava perché andasse in guerra contro la guerra. Al grido di "Attenti all'uomo!", confortato dalla presenza di Emergency. il Lupo partì per diffondere una cultura della pace. Snocciolò per bene tutta la verità agli scolari d'Italia e non mancò di rilevare che "Sopra la guerra c'è chi campa, sotto la guerra c'è chi crepa".
"Io nelle cose ci vivo dentro - dice Silver - mi ci sento dentro. Sono un idealista, non mi tiro indietro. Mi sento parte integrante della società in cui vivo. Ma sono solo uno che ha creato un personaggio popolare e quindi lo metto a disposizione per un messaggio. Non ho paura di far sporcare le zampe al Lupo, per preservarlo da contaminazioni che potrebbero nuocere alla sua immagine".
Non restano isolate, fiori all'occhiello, campagne occasionali, quelle menzionate. L'impegno di Silver si concreta in molti ambiti: un'agenzia giornalistica internazionale di portatori di handicap lo vanta come vignettista ufficiale, e lo possono citare anche
Telefono azzurro, l'Avis e molte iniziative consimili che si avvalgono di magliette e distintivi con su effigiato il Lupo.

Chi segue il Lupo? Lupo Alberto non è solo un personaggio dei fumetti, nel tempo è diventato un simbolo, una bandiera, un modo di riconoscersi. Chi si serra nelle file dietro le sue insegne?"Adolescenti ma anche persone mature e i bambini non mancano".
Un Lupo per tutti, quindi? "La fascia più consistente è costituita da lettori fra i 13 e i 20 anni, adolescenti, studenti, di famiglia più o meno borghese, che hanno i problemi di tutti i ragazzi d'oggi".
Silver è il direttore responsabile del mensile che propaga il verbo di Lupo Alberto. Il periodico, che ospita ovviamente il suo fumetto e quelli dei suoi collaboratori, apre un grande spazio a chi lo legge. Rubriche. Lettere. Di queste ultime è stata fatta una selezione, operata fra le migliaia pubblicate nel corso degli anni. Le più emblematiche, le più indicative della condizione giovanile d'oggi.
Lettere a Lupo Alberto s'intitola la raccolta, curata da Diego Coniglio e pubblicata da Castelvecchi. "Sono lettere rigorosamente autentiche, scritte dalla ragazzina che ha perso la fiducia nell'amica del cuore perché le ha rubato il suo ragazzo, ma anche da chi ha problemi familiari seri e problemi esistenziali drammatici. Essere adolescenti oggi non è facile perché mancano le prospettive e i punti di riferimento. E Lupo Alberto, in fondo,  si configura  quasi come uno dei pochi "maestri di vita", lo dico senza enfasi, senza compiacimento. Anzi che un personaggio dei fumetti debba diventare punto di riferimento mi sembra molto preoccupante".
Ma allora siamo "al LUPO, al LUPO!" come invocazione? 


(di Rosella Picech, Alicenelpaesedeibambini.it Marzo 2014, da ATTENTI AL LUPO! intervista di Rosella Picech per Sfoglialibro, Dicembre 1996; le fotografie della pagina sono le stesse che comparvero nella rivista in quella occasione).

vedi anche LUPO ALBERTO 40 ANNI, mostra al Museo Luzzati di Genova

 

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