Date e Storie

The Frozen Boy di Guido Sgardoli (San Paolo), "Miglior libro dell'anno" 2012 nel sondaggio della rivista Liber.
L'autore riceverà il premio alla Fiera Internazionale del libro per ragazzi di Bologna, mercoledì 21 marzo alle ore 10,45, Sala Intermezzo, Centro Servizi.

Guido Sgardoli, The Frozen Boy, San Paolo, 2011, 208 p., € 15,00

... Fra i ghiacci della Groenlandia, finita la seconda guerra mondiale, all’interno di una base militare americana, un laboratorio di ricerca, guidato da un fisico nucleare.
Il professor Warren è uno degli artefici della bomba atomica che ha distrutto Hiroshima e Nagasakj. Il professor Warren ha perso il suo unico figlio nella guerra sul Pacifico.
Il professor Warren sa di essere doppiamente colpevole. Il professor Warren ha “perso” anche la moglie: se ne è andata, l’ha abbandonato al suo destino di rimorsi e di sensi di colpa. Il professor Warren vuole morire. Il professor Warren non può morire perché trova un bambino intrappolato nel ghiaccio, un bambino vivo.
Atto primo, intitolato al colore “Bianco”, il bianco del ghiaccio, della neve, della tomba di The Frozen Boy. Colore del lutto e della salvazione. Una vita che viene da lontano, che chiede le sue ragioni al mondo, blocca il gesto estremo. Una vita conservata dai ghiacci, che “riprende “ fra i ghiacci, riavviando un’altra esistenza che stava per finire.
“La consideri una seconda possibilità”, gli aveva detto il dottor Jessop. A questo proprio non aveva pensato il professor Warren, di considerare Jim una seconda possibilità.
E invece Jim, il bambino venuto dal passato, dal naufragio di cent’anni prima di una nave, che doveva portarlo dalla miseria della sua campagna irlandese alle promesse delle sponde d’America, si rivela per il professore una vera conversione. La possibilità di rifare una vita daccapo, di riparare a colpe e inadempienze, in una dolorosa e intensa prospettiva di resurrezione.
Le vicende narrate – la fuga dalla base, per sottrarre il bambino al proposito di farne una cavia di sperimentazioni disumane, il viaggio rocambolesco in una macchina che non si sa guidare, il rifugio nella casa di famiglia al mare lontano da sguardi che possono tradire, l’ultimo viaggio verso l’impossibile meta di una realtà che non esiste più- sono scenario, più che azione, al dipanarsi di un dialogo, pressoché muto, di due naufraghi, che cercano salvezza l’uno nell’altro.
Il punto di vista del personaggio adulto- il padre “orfano” del figlio, alle prese con un nuovo figlio- si alterna al punto di vista del bambino fragile, riaffacciatosi indebitamente alla vita, che è andata avanti e sembra volerlo crudelmente abbandonare, facendolo diventare rapidamente vecchio. Un bambino vecchio, che perde capelli e denti, che fa fatica a camminare, ma vuole vivere, perché il professore gli promette una speranza.
La vita allora diventa una vita a sé. Vissuta da loro due, Jim e il professore. L’uno rivolto all’altro.
Una vita che si ricostruisce per entrambi: nel riaffiorare della reciproca memoria, nel dolore della separazione dagli affetti del passato ma anche nella conquista quotidiana, un oggi dedicato a un rapporto nuovo, che seppure ha legami con l’antico diventa “adesso”. Tu che ti dedichi a me, io che mi lego a te.
Una nuova nascita. Jim impara una nuova vita, il professore anche.
Ci sono irruzioni, poche, in questo isolamento che si rivela felice. Personaggi di compendio, necessari al progredire della storia. Ombre minacciose, relegate in secondo piano e burberi benefici con qualche onore della ribalta, che favoriscono il raggiungimento della meta. Nel terzo atto, intitolato al colore “Verde”, il verde della sua terra d’Irlanda, Jim torna “definitivamente” a casa, nella ricomposizione di una realtà ormai tramontata, in un passato inesorabilmente chiuso per sempre. Il professore affronta un nuovo se stesso.
Chi narra ha talento nel rintracciare l'anima dei luoghi: la natura, nel romanzo, è una natura frequentata, descritta con amore e precisione; il mondo è esplorato, nel viaggio di percorsi lunghi, nell’itinerario delle vie delle città.
Chi narra ha talento per l'anima degli uomini: uno sguardo, un sospiro, un guizzo, gli dicono presto con chi dovrà fare i conti.
Chi narra ha talento immaginativo e visionario, a compendio di una attitudine scientifica che, nella storia raccontata, trascolora in rappresentazione fantascientifica.
Questi talenti concorrono a una rappresentazione vivida, di rara suggestione umana e letteraria, che attinge ispirazione e linfa da frequentazioni colte, varie e interessanti, riportate in un contesto che le preserva e le rigenera, in una cifra personalissima.


(dalla recensione di Rosella Picech, Libri in rassegna, Sfoglialibro, Settembre 2011)
 

 

 

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