Di
Matematica, mio terrore si potrebbe dire a prima vista
che è un libro di psicologia. O quantomeno il libro scritto da
una psicologa su un argomento in apparenza del tutto estraneo
alla psicologia. Ma questo bel libro è anche il tentativo di
trovare, attraverso modalità inconsuete e originali, risposte a
problemi e difficoltà molto diffusi fra ragazzi e adulti – il
terrore, il “blocco” per la matematica. L’autrice, che
insegna Scienze dell’educazione nelle Università di Parigi X
e Parigi VII, ha una formazione psicologica e psicoanalitica ma
sa (eccome se sa!) di matematica. Il suo intervento con i
ragazzi, di cui il libro contiene un’ampia casistica, avviene
appunto sul terreno della matematica, e il suo “metodo” non
è e non vuole essere una psicoterapia mascherata. Ma piuttosto
un modo di aiutare il superamento dei “blocchi” (e dei
pregiudizi) attraverso il disvelamento delle ricche risonanze
emotive ed esistenziali che il contatto con la matematica mette
in moto.
Tutto
il libro è attraversato e animato dall’appassionata
confutazione dell’idea che la matematica sia una disciplina
fredda, astratta, che non mette in causa le emozioni, che non ha
relazione con il corpo, che sta a sé. Nella prima sezione (“I
miti della matematica”) vengono esposti e analizzati tutti i
luoghi comuni e i casi tipici del repertorio delle allergie alla
matematica: nei ragazzi che vanno a scuola, ma anche negli
adulti, con i loro ricordi scolastici; e anche sottolineato il
ruolo, positivo o negativo, che il rapporto con la matematica ha
avuto nelle loro scelte di vita.
Bello
il capitolo dedicato al talento, o “bernoccolo” per la
matematica, insomma al peso che hanno le attitudini. C’è un
felice profilo psicologico sul personaggio dell’alunno
“negato per la matematica” (ma perché tradotto in italiano
con “nullo”, che non si capisce?), sulla paradossale
tranquillità che gli viene dall’essere “negato”, sulle
paure che lo assalgono se comincia ad andare meglio.
La
seconda parte (“Vivere la matematica”) è quella
propositiva. Molti casi concreti, quasi un metodo pratico. La
rivendicazione del riferimento della matematica al corpo e alle
sue emozioni è sistematica, organizzata, appassionata. Il
comune disdegno degli insegnanti per ciò che non è astrazione
viene sottoposto a critica radicale: è un atteggiamento
ideologico. L’astrazione è un processo dialettico, che va
continuamente dall’esperienza sensibile al pensiero astratto,
e non una dimensione data una volta per sempre. E così è stato
anche nella storia: non erano forse calculi
i sassolini usati per contare nell’antichità?
Nell’ultima
sezione, la psicoanalista che alberga nella formazione
dell’autrice viene allo scoperto. E allora via con le
dinamiche collegate alla separazione (“Separarsi da un
segmento di retta”, “Separarsi dal professore”…),
collegate al tempo e alla crescita,
collegate al sesso. E, in conclusione, il senso ultimo
del suo operare con i ragazzi: “…in seguito, quando avrà
forse dimenticato tutto, gli rimarrà l’esperienza di aver
superato una situazione che credeva bloccata, grazie a delle
risorse trovate in se stesso, e di cui non sospettava
l’esistenza”.
Anne
Siety
Matematica, mio terrore
Salani, 2003, p. 208, €13,00
ISBN 88-8451-254-9
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